Oltre 200 “sardine nere” del Movimento Migranti e Rifugiati ieri hanno raggiunto in corteo la questura di Napoli per chiedere il rispetto dei tempi indicati dalla normativa italiana per il riconoscimento della protezione internazionale e il rilascio dei permessi di soggiorno. Ma anche lo stop a richieste di documenti non previsti dalle leggi che, di fatto, servono a gonfiare i dinieghi.

Tra la Stazione centrale e via Medina c’è stato uno scarto non previsto. Le sardine nere hanno invaso i decumani, tra turisti e napoletani in clima natalizio, per raccontare a tutti che la discontinuità tra i due esecutivi Conte per loro è una finzione: «Cambiano i governi e i ministri dell’Interno ma non cambiano le politiche contro i migranti e le fasce più deboli della popolazione». E ancora: «Chiediamo l’immediata abrogazione dei decreti Sicurezza e un cambio di passo all’ufficio Immigrazione che, attraverso la macchina della burocrazia, continua a tenere in un limbo giuridico centinaia di persone e non garantisce l’accesso alla protezione internazionale. Avere il permesso di soggiorno significa poter utilizzare il sistema sanitario, poter contrattare un giusto salario e ribellarsi allo sfruttamento. Non vogliamo essere condannati a vivere come fantasmi nei ghetti delle città».

Giovedì scorso, con gli attivisti dell’Ex opg Je so’ pazzo, erano già stati in questura per presentare i punti critici che rendono la richiesta dei documenti un gioco ad handicap fatto per respingere la maggior parte delle domande. Ieri mattina le richieste sono state reiterate ma è chiaro che per ripristinare un clima positivo si attende un segnale dalla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese. Il primo punto sul tavolo riguarda il decreto Sicurezza dell’ottobre 2018, convertito in legge nel dicembre successivo: «Molti richiedenti hanno fatto istanza di protezione umanitaria dal 2016 fino a settembre 2018, prima che il governo approvasse la norma che l’ha poi cancellata – spiegano gli attivisti -. Le loro domande sono state esaminate da ottobre 2018 in poi e bocciate perché giudicate alla luce del decreto: una direttiva del Viminale, retto allora da Matteo Salvini, aveva dato disposizione di applicare la legge in modo retroattivo».

Il 13 novembre scorso la Cassazione ha stabilito che il decreto Sicurezza non può essere retroattivo. Tutti quelli che hanno ricevuto il diniego hanno fatto ricorso e dovranno essere riesaminati in commissione: «Una direttiva al di fuori della legge sta provocando ingorghi nei tribunali e lungaggini nelle commissioni, a scapito delle nuove domande – proseguono -. Per superare l’empasse chiediamo al Viminale e alla Commissione asilo di concedere l’umanitaria a chi ha fatto ricorso cancellando così i procedimenti legali e i passaggi in commissione. Se Lamorgese e il nuovo governo vogliono dimostrare di essere in discontinuità con Salvini basta che seguano la strada tracciata dalla Cassazione».

A piazza Municipio le sardine nere sono state raggiunte dal senatore (ex 5S) Gregorio De Falco: «È già singolare che bisogna aspettare la Cassazione per sapere che una legge punitiva non si applica al passato – ha commentato con i manifestanti -. Il governo giallo verde ha picconato lo stato di diritto. I decreti Sicurezza ma anche il reato di immigrazione clandestina vanno aboliti».

In serata le sardine nere sono emerse in flash mob anche a Caserta insieme agli attivisti dell’ex Canapificio: «Frank, Collins, Ibrahim e altre 9 persone, tutti in Italia da 4, 10, 12, 13 anni, questa mattina (ieri, ndr) hanno ricevuto la comunicazione di aver perso il permesso di soggiorno – spiegano – perché è stato applicato in modo retroattivo il decreto Sicurezza». All’Ex Canapificio hanno raccolto 400 casi, al tribunale di Napoli ci sono 6.100 ricorsi pendenti, 9.100 con la Corte d’Appello. «A luglio 2018 ci fu la circolare che dava indicazione di limitare la protezione umanitaria e poi è arrivato il decreto Salvini – spiega Mimma D’Amico -. Il contenzioso legale è destinato a crescere a danno della stessa pubblica amministrazione. L’unica strada è una circolare del Viminale che stabilisca la concessione in automatico del permesso umanitario per due anni a chi ha fatto ricorso».