La nube gialla si allunga per quaranta chilometri: nasce dai monti della Val Susa divorati da un gigantesco incendio che sta devastando, come mai prima, un territorio già provato per tante ragioni. Una nebbia innaturale, carica di caligene, lentamente si sposta verso Torino: dove ristagna, rendendo l’aria acre e satura di veleni. Sulle auto parcheggiate davanti alle boutique del centro si deposita la cenere che vola nell’aria per sessanta chilometri, dando la sensazione ai più vecchi di tornare a vivere decenni lontani, quando in città ancora si bruciavano legna e carbone per scaldarsi. Ma c’è poco di romantico nell’acre fumo giallo che avvolge la città: ieri il valore di Pm 10 ha superato quota 450. Una settimana fa, quando l’amministrazione comunale invitò i torinesi al coprifuoco, era circa un quarto.

IL FUOCO nasce in luoghi tanto noti quanto inesistenti, perché buona parte dei torinesi li attraversa di corsa in inverno per correre verso le piste da sci, e al galoppo in estate per correre verso i prati e il fresco. Nasce a metà della val Susa, dalle parti di Bussoleno, un tempo famoso per essere un fiorente centro ferroviario, oggi ancor più noto perché cuore della lotta Notav. Qui, se si guarda verso la piramide di granito del Rocciamelone, si vede un lungo serpentone di fiamme in marcia da giorni: inarrestabile. Alte fiamme si mangiano la montagna e vomitano fumo giallo: i pini silvestri dalle larghe chiome diventano gigantesche torce, dando vita la notte a lingue di fuoco che si alzano nel buio per trenta metri. Corrono le fiamme, corrono: e non c’è elicottero o aereplano carico d’acqua che pare possano contenerle. Il perché lo spiega il sindaco di Cumiana, Paolo Poggio, che segue le operazioni di spegnimento portate avanti da Vigili del Fuoco e Volontari Anti Incendi Boschivi. Si trovano tutti in un ex poligono militare disperso sulle montagne, a pochi metri dalle fiamme che minacciano borgate e boschi.

«SINDACO, ma quando spegnete questo fuoco che dura da una settimana?». E il sindaco con gli scarponi dice senza mezzi termine che la durata di questo incendio non dipenderà dall’impegno umano. Perché le condizioni del terreno, del tempo sono così estreme da rendere pianificabile solo il contenimento del danno.
E il comandante caposquadra che lo affianca, Massimo Peiretti, nonché il capo dei volontari, Carlo Carello, non possono che annuire mestamente. E mentre così dicono, una squadra di cittadini di paese auto organizzatisi, giunge armata di badile e rastrelli recuperati nella stalla della cascina «per dare una mano».
Qui, nella pianura del pinerolese, tra Cantalupa e Cumiana le fiamme si sono mangiate dieci chilometri di bosco. Magari il fuoco sembra spento, domato da centinaia di lanci d’acqua dal cielo: ma poi arriva un alito di vento e in quarto d’ora ci sono fiamme alte trenta metri. Ci vorrebbe la pioggia, ma le previsioni non lasciano spazio: per i prossimi giorni avanti tutta con quasi 30 gradi alle due del pomeriggio. Quaranta anni fa, raccontano gli anziani, in questi giorni cadevano i primi fiocchi di neve.
In val Susa, dove le fiamme hanno ormai marciato per quindici chilometri, gli animi sono particolarmente su di giri: il convitato di pietra è sempre lui, il Tav. E l’incendio è un’altra goccia che fa traboccare il vaso, sempre colmo oltre ogni misura.

Un tempo era la linea ferroviaria che corre verso Torino a essere considerata la pietra dello scandalo: una via crucis quotidiana, tortura cinese che esaspera ogni giorno chi, poi, sente parlare di miliardi per un tunnel da 56 chilometri, in una valle dove manca il flusso merci adeguato per saturare il tunnel che c’è già. Così capita che «i violenti Notav», in queste tragiche mattine autunnali siano strizzati come al solito dentro il trenino che porta a Torino, ma con la aggiunta di un gradevole odore di bruciato: il tutto con vista valle incenerita dalle fiamme. Da una settimana, e chissà ancora per quanto.

CI PENSA il commissario del governo per la Torino–Lione, a fare una proposta che rassereni gli animi. In una lettera indirizzata al sindaco di Susa, Sandro Plano, e Sergio Chiamparino, scrive: «Vi comunico la mia disponibilità a proporre che una parte delle risorse destinate ai territori interessati dall’asse ferroviario Torino–Lione, possa essere destinata per le necessarie azioni di ripristino e di ricostituzione del patrimonio forestale e per gli interventi di prevenzione, atti a ridurre il rischio del ripetersi di tali eventi».

Un’ideona, che Movimento Notav non accoglie con entusiasmo e così commenta: «Il Commissario si adopera subito per cercare di barattare la sicurezza del nostro territorio con il via libera al TAV da parte dei comuni. Ma le parole scritte nella lettera superano ogni immaginazione. Non una vera risorsa è stata fino ad oggi presa in considerazione per fronteggiare con decisione l’emergenza incendi in corso da questi personaggi, così come non abbiamo visto un millesimo dell’impegno profuso del contrastare i notav, per supportare la Valle di Susa, territorio che questi signori vorrebbero veder crescere, in costante sviluppo».

Rapido il dietrofront del commissario: «Non avevo nessuna intenzione di fare polemica in un momento così grave per il territorio valsusino per rispetto alle centinaia di persone NoTav, SìTav, NiTav, atei ed agnostici che stanno cercando di salvare boschi, campi e case con sprezzo del pericolo, senza pensare alla squadra di calcio a cui appartengono».

Oggi è l’ottavo giorno di fuoco in val Susa, val Sangone, val Chiusella, e almeno altri duecento ettari di bosco verranno distrutti. E’ il disastro dell’Abruzzo dell’estate passata che si ripete, un disastro che può sperare solo nella pioggia.