Non è vicina al Pacifico, ma a Vilnius si parlerà anche di quell’oceano, teoricamente più distante dalla tradizionale “zona di competenza” dell’Alleanza atlantica. Sul piano strategico la distanza continua d’altronde ad assottigliarsi. Al summit Nato che si apre oggi in Lituania, sono presenti anche i leader della cosiddetta AP4: Giappone, Corea del sud, Australia e Nuova Zelanda. L’attenzione è rivolta soprattutto al premier giapponese Fumio Kishida e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, che tornano al vertice dopo la prima storica apparizione del 2022 a Madrid. A differenza dell’anno scorso, ora vanno anche d’accordo dopo lo storico disgelo avviato nonostante le lamentele delle rispettive opposizioni interne. La loro politica estera appare sempre più allineata, nonostante il bisticcio dei giorni scorsi sulle esercitazioni sudcoreane alle isole contese Dokdo.

DA MESI SI LAVORA a un rafforzamento dei meccanismi di cooperazione con gli alleati asiatici degli Stati uniti. Obiettivo: coinvolgerli più direttamente nella strategia anti russa e nel contenimento della Cina. Secondo Nikkei Asia, a Vilnius saranno annunciati due inediti documenti di partnership con Tokyo e Seul, rispettivamente in 16 e 11 punti. Con la Corea del Sud ci si concentra soprattutto su sicurezza informatica, tecnologia e minacce ibride, dopo che il paese è diventato il primo membro asiatico del centro di cooperazione di difesa cyber con base in Estonia. Inclusa anche la collaborazione su cambiamento climatico e spazio. Su Yoon, che pare pronto al dispiegamento totale del sistema anti missile statunitense Thaad, sono prevedibili nuove pressioni per fornire direttamente armi all’Ucraina. Cosa che sinora ha fatto solo indirettamente via Stati uniti e via Polonia, dove andrà peraltro in visita subito dopo il vertice.

Il documento col Giappone contiene punti ancora più ambiziosi, compreso un rafforzamento dei rapporti in materia di sicurezza marittima. Aumenterà l’interoperabilità dei sistemi di difesa. I cantieri navali e gli hangar aerei giapponesi potrebbero aprirsi ai mezzi dei paesi Nato. L’amministrazione Kishida ha d’altronde siglato di recente accordi bilaterali anche con Regno unito e Australia.

DOVREBBE ESSERE invece rinviata l’attesa decisione sull’apertura di un ufficio di collegamento Nato a Tokyo. Una mossa di portata storica, su cui ci sono però dubbi anche interni. La Francia si sarebbe opposta per il timore di compromettere le relazioni con la Cina. Raggiungere un consenso unanime tra tutti e 31 i membri appare complicato, ma i principali sostenitori dell’ipotesi (Joe Biden e Jens Stoltenberg) puntano a ottenere il via libera entro la fine dell’anno. Kishida, il più convinto assertore del rischio che l’Asia orientale possa diventare la «prossima Ucraina», offre una sponda. Anche se all’interno del Giappone non mancano certo le voci scettiche o contrarie, che stanno trovando in queste settimane ampio spazio sui media cinesi, insieme alle accuse di «espansionismo» e «mentalità da guerra fredda» rivolte alla Nato.

Pechino si sente, o quantomeno si racconta, accerchiata. La guerra in Ucraina ha accelerato e facilitato l’allineamento di diversi paesi asiatici a Washington, anche per i timori che il rapporto tra Cina e Russia possa essere in qualche modo “istituzionalizzato” sul fronte militare. Proprio ieri, Xi Jinping ha incontrato Valentina Matviyenko, presidente del Consiglio federale dell’Assemblea della Federazione russa. «I nostri due paesi devono guidare la corretta direzione della riforma della governance globale», ha detto il leader cinese, citando poi il lavoro di rafforzamento e ampliamento di Brics e Sco (Shanghai Cooperation Organization).

NEL SUMMIT Nato del 2022, per la prima volta Pechino è stata definita «sfida sistemica». E ora il vertice si tiene in Lituania, il paese europeo forse più ostile alla Repubblica popolare e più vicino a Taiwan, tanto da essere bersaglio negli ultimi anni di alcune ritorsioni economiche. La fase di tentato disgelo da parte della Casa bianca lascia pensare che nei documenti ufficiali di Vilnius non ci sarà un inasprimento del lessico su Pechino. Ma il processo generale sembra difficilmente reversibile.