«La Nato rimane il forum transatlantico unico, essenziale e indispensabile per consultarsi, coordinarsi e agire su tutte le questioni relative alla nostra sicurezza individuale e collettiva». Nelle prime righe della relazione conclusiva del summit di Washington per i 75 anni della Nato si legge una dichiarazione programmatica che non lascia adito a dubbi sul futuro prossimo dell’Occidente. Il pretesto per questa riaffermazione del ruolo centrale del Patto atlantico viene ribadito poco prima: «Siamo uniti e solidali di fronte a una brutale guerra di aggressione sul continente europeo e in un momento critico per la nostra sicurezza». Dunque l’Ucraina è il perno teorico dello sviluppo dell’Alleanza, la quale continuerà a «sostenerla nel suo percorso irreversibile verso la piena integrazione euro-atlantica, compresa l’adesione alla Nato». Anche perché, è scritto nero su bianco, «la Russia rimane la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli alleati». Ma, a riprova del fatto che la comunicazione istituzionale è una cosa e la diplomazia un’altra, alla fine del vertice di Washington il ministro della difesa russo Belusov ha chiamato l’omologo statunitense Lloyd Austin per discutere della «prevenzione delle minacce alla sicurezza e della riduzione del rischio di possibili escalation».

IN OGNI CASO la Russia non è l’unica preoccupazione dell’Occidente. «La Corea del Nord e l’Iran stanno alimentando la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina fornendo un sostegno militare diretto alla Russia» così come «la Cina è diventata un fattore decisivo per la guerra della Russia contro l’Ucraina, attraverso il cosiddetto partenariato ‘senza limiti’ e il sostegno su larga scala alla base industriale della Difesa russa. Il governo di Xi Jinping pone «sfide sistemiche alla sicurezza euro-atlantica» che vanno dalla guerra cibernetica, alla «continua espansione e diversificazione dell’arsenale nucleare», fino alla corsa «irresponsabile» verso lo spazio. Il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha respinto le accuse della Nato rispetto al sostegno alla guerra russa in Ucraina, definendole «infondate» e appellandosi al proprio «diverso sistema politico e di valori» che l’Occidente utilizza come pretesto «per incitare lo scontro». Quasi in contemporanea, tuttavia, sono iniziate le esercitazioni militari congiunte tra le forze navali di Mosca e quelle cinesi lungo la costa meridionale del Paese asiatico. L’obiettivo dei due giganti è quello di «dimostrare la risolutezza e le capacità delle due parti nell’affrontare congiuntamente le minacce alla sicurezza marittima e nel preservare la pace e la stabilità globale e regionale». Il dispiegamento di forze risponde alle preoccupazioni espresse da Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda e a Australia sull’alleanza sino-russa e sottolinea che se la Nato, com’è emerso dal summit di Washington, vorrà espandersi nell’indo-pacifico, troverà gli avversari pronti.

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NEL FRATTEMPO il «fianco est» verso la Russia e il neonato «fianco sud» nel Mediterraneo verranno riforniti da Washington che ha annunciato forniture di missili a lungo raggio alla Germania e a corto raggio all’Italia. La premier Meloni si è detta molto soddisfatta della tre giorni e ha ribadito in ogni occasione la vicinanza del governo di Roma all’Ucraina. Con il solito tempismo da guastafeste per la maggioranza, la Lega ha invece elogiato le iniziative personali di Orbán in palese contrasto con la linea dell’Ue e di Meloni. Il premier ungherese giovedì è volato in Florida per incontrare di persona il fantasma che ha aleggiato sul summit, il possibile prossimo presidente degli Usa Donald Trump. In quella che ha definito «la missione di pace 5.0» un Orbán raggiante ben oltre l’adulazione ha scritto su Twitter: «È stato un onore visitare il Presidente Trump a Mar-a-Lago. Abbiamo discusso i modi per arrivare alla pace [in Ucraina, ndr]. La buona notizia del giorno: risolverà il problema». Nella foto che accompagna il vaticinio, i due politici sorridono e mostrano i pollici come i protagonisti di un film americano degli anni ’80, mancano solo i cappellini da baseball.

I VERI COLLOQUI per un cessate il fuoco in Ucraina, intanto, potrebbero proseguire a breve e stavolta Kiev ha anche lasciato intendere che potrebbe invitare Mosca. La quale ha subito risposto che fin quando le sue proposte saranno «ignorate» e si parlerà solo «della formula ideata da Zelensky», non parteciperà ad alcun incontro con la controparte. Il vice ministro degli esteri di Mosca Mikhail Galusin ha anche sottolineato che l’eventuale convocazione della conferenza a ottobre (un mese prima delle elezioni negli Usa) assomiglia a «un ultimatum inaccettabile per la Russia». Il che non lascia adito a dubbi su chi abbia più paura di un eventuale ritorno di Trump alla Casa Bianca.