Il grande trionfatore della giornata si chiama Carlo Calenda. Ha ottenuto quello che voleva: chi può essere incluso e chi espulso nei collegi uninominali, ovvero Sinistra italiana, verdi e Di Maio (ma il ministro degli esteri sarà imbarcato nel listino del Pd).

L’uomo del veto porta a casa il cospicuo bottino del 30 per cento delle candidature, e per uno che viene pesato sulla fiducia non c’è male.

Non solo. Calenda ha vinto sul piano dell’immagine, particolarmente rilevante in una campagna elettorale breve e supermediatica. Presente su tutte le prime pagine dei giornali e in tv nei programmi di ogni ordine e grado, è diventato l’uomo-bandiera di una trattativa che alla fine ha spostato l’asse politico verso le sue parole d’ordine diventando agli occhi dell’opinione pubblica, il baricentro dell’accordo con Letta.

Il Pd, stringendo con Azione, +Europa, Impegno civico-centro democratico di Di Maio e Tabacci, il patto programmatico incardinato sulla cosiddetta Agenda-Draghi, ha connotato la sua identità sterzando a destra.

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Una scelta politica perseguita con una tenacia degna di miglior causa, rafforzata dalla determinazione con cui è stata sbattuta la porta in faccia a Conte e ai 5Stelle.

Nonostante tutti i sondaggi, tutte le previsioni dimostrino che senza i pentastellati contro la destra si perde.

Non è difficile capire le ragioni dell’irritazione della sinistra-ambientalista dello schieramento.

Questo accordo tra Letta e Calenda, declamato in conferenza stampa, in una specie di contratto di due paginette, con l’esaltazione dei rigassificatori, con le critiche al reddito di cittadinanza, unite a quelle sul bonus edilizio, e, questione altrettanto dirimente, con le scelte di politica estera, ha politicamente relegato Sinistra italiana e i Verdi nella dependance dello schieramento.

Giusto una spruzzata di liberalità sui diritti civili e sullo ius soli, che non si negano a nessuno.

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Fratoianni e Bonelli hanno preso le distanze dichiarandosi svincolati dall’accordo, rilanciando la loro agenda su giustizia sociale giustizia ambientale.

Come andrà a finire lo sapremo oggi dopo l’incontro con il segretario del Pd. Non è ben chiaro cosa ci sia da discutere visto che, chiusa la pagina dei seggi uninominali, non resta altro che prendere atto del fatto che ciascuno si presenta con la sua faccia e il suo programma al proporzionale.

Come peraltro è ovvio che sia, vista la natura della legge elettorale.

Se queste sono le premesse per andare allo scontro con le destre di Meloni, Salvini e Berlusconi non è difficile prevedere un esito purtroppo scontato. E siccome a sospettare si fa peccato ma spesso ci si indovina, sembra di capire che il Pd dia per scontata la sconfitta all’uninominale e in realtà si proponga di vincere al proporzionale. Così come si preparano a fare anche i 5Stelle di Conte che al proporzionale possono ottenere un risultato dignitoso.

Ognuno per sé e il paese può attendere.