Sul palco dell’AdK, l’Akademie der Kunste, Matias Piñeiro prende la parola. È emozionato, felice, ringrazia il festival, e Carlo Chatrian accanto a lui, e dopo avere chiesto il «Cessate il fuoco» a Gaza ricorda anche come sia importante per filmmaker come lui indipendenti avere il supporto dello stato, garantito in Argentina finora dall’Inca, l’Istituto nazionale del cinema, che Milei vuole azzerare. Uno statement politico come è politico il suo film, Tú me abrasas, Tu mi bruci, se la definizione si allarga alla forma, alla ricerca di una immagine cinematografica che reinventa se stessa, di cui questo saggio cinematografico in cerca di una lingua tra il cinema e la poesia per dire l’angoscia di amare si fa prova. I materiali su cui lavora sono i frammenti delle poesie di Saffo e I Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, in particolare quello fra la poeta di Lesbo e la ninfa Britomarti, nel capitolo Schiuma d’Onda, cercandone una possibile «traduzione» nell’immagine che non vuole essere adattamento. Ci si muove in una dimensione trasognata, in paesaggi che da Torino e dalla stanze dell’hotel Roma laddove Pavese si è suicidato per un male d’amore, arrivano alla spuma marina laddove Saffo e Britomarti sono finite le le loro pene d’amore.

ALCUNE FIGURE attraversano i luoghi, la macchina da presa si ferma sui volti delle ragazze: chi sono? La poeta, la ninfa, le dee, giovani donne con le loro storie? Mitologia, presente, pagine scritte si mescolano, con delicatezza disegnano le linee dell’emozione. Ma come può il cinema restituire la sensazione di calore, o dell’acqua, o la paura di un amante o il sorriso della tenerezza?Il verso e i suoi respiri? Il mare da cui nasce Afrodite è quella stessa materia di cui due personaggi discutono che è all’origine dell’umano E se la metamorfosi unisce le diverse esperienze di ninfa e poeta, queste incarnazioni della passione amorosa, passano attraverso più forme nel tempo e nello spazio come le immagini girate in 16 millimetri, incontrano una voce femminile che impara a affermare se stessa.Il regista lavora su testi tratti da Saffo e da «I dialoghi con Leucò» di Cesare Pavese

NELLE NOTE di regia Piñeiro scrive: «La mia ricerca pensa al cinema come a uno spazio multidisciplinare in cui il nostro contemporaneo sfida le prospettive del pubblico». Portare la parola poetica al cinema è una sfida complessa – pensiamo alla poetica costruita da Straub e Huillet nei loro film – che Piñeiro raccoglie ma senza imposizioni. Il suo sguardo si muove su più piani, cercando il cuore antico delle storie e insieme la loro universalità presente. Con dolcezza ci accompagna in questo viaggio affidato a frammenti, a apparizioni improvvise, a una narrazione che ricomincia per variare di nuovo. Il gesto della parola è imprevisto, inatteso, sorprende le aspettative, conduce in altre dimensioni, spiazza lo sguardo dal punto in cui si è fissato fra oggetti appena accennati e movimenti accennati
Come dire dell’amore e del morirne? In che modo tradurre nel visibile il respiro profondo della poesia? Le immagini cercano la propria cifra poetica, la costruiscono nella libertà di una partitura di perfetti accordi anche nelle variazioni. Il cinema di Piñeiro è una sorpresa, una epifania che si rivela.