Il Brasile compie nel 2022 cinque anni di rottura della democrazia. La seconda dal colpo di stato del 1964, quando iniziarono 21 anni di dittatura militare. Al termine della quale, nel 1985, iniziò un lungo processo di transizione democratica. In quel caso, per una serie di circostanze, il primo presidente civile fu José Sarney, espressione dello stesso regime militare. Fu una transizione conservatrice, in cui la democratizzazione venne limitata al ristabilimento del sistema politico liberale. Nient’altro venne democratizzato nel Paese: né la proprietà della terra, né i media, né il sistema giudiziario o qualsiasi altra istanza di potere nella società brasiliana. La forza della sinistra era scarsa, non ottenne neanche il voto diretto per l’elezione del presidente del Brasile. A nominarlo fu un Collegio elettorale.

Per il 2022 si prospetta una nuova transizione democratica. Tutti i sondaggi danno a Lula possibilità di vittoria, anche al primo turno. Nessun sondaggio, nessuna analisi indica la possibilità che Bolsonaro venga rieletto. Sembra fallito a sua volta il lancio della candidatura del giudice Sergio Moro, che resta uno dei tanti pre-candidati, dato bassissimo nei sondaggi. Il 2022 sarà senza dubbio un anno di campagna elettorale. Marzo è il termine ultimo per la presentazione dellecandidature. Lula sarà un candidato per il Pt, con il sostegno di altri partiti di sinistra. Ci sono speculazioni sul fatto che Bolsonaro possa desistere e ritirare la sua candidatura, per non dover sostenere dibattiti pubblici con Lula e non subire una sconfitta schiacciante. Potrebbe puntare a una carica parlamentare che lo difenderebbe dalle gravi accuse che gravano su di lui.

Sarà, in ogni caso, una campagna sui generis. Lula e Dilma, vittoriosi due volte, non avevano mai vinto al primo turno. Questa volta Lula non è più il candidato del Pt, ma di tutte le forze democratiche e antibolsonariste, la sua campagna raccoglie le rivendicazioni accumulate in questi anni di autoritarismo, negazionismo, arbitrarietà, odio e disprezzo per le vite umane e per la democrazia. Per questo rappresenta la stragrande maggioranza dei brasiliani, emarginati dalla politica da coloro che usano la critica politica per esercitare il potere nel modo più arbitrario.

L’anti-petistmo è stato superato dall’ anti-bolsonarismo. È questa la chiave del cambiamento radicale della situazione in Brasile. Bolsonaro aveva provato a imporre l’oblio delle esperienze del governo Pt, facendo credere che i problemi attuali del Paese erano frutto di ciò che il Pt aveva generato. Ma il carattere brutale che la presidenza Bolsonaro ha assunto è diventato predominante nella vita politica brasiliana degli ultimi tre anni. Così l’antibolsonarismo è andato crescendo negli ultimi due anni, fino a raggiungere l’apice nell’ultimo anno del primo mandato di Bolsonaro.

Uscito dalla traiettoria del Pt e dalle proprie esperienze di governo, Lula, appena tornato in libertà e recuperati tutti i suoi diritti, è in testa a tutti i sondaggi ed è difficile immaginare come questa situazione possa cambiare per un brusco calo del sostegno a Lula, un recupero di consensi di Bolsonaro o l’ascesa di qualche altro candidato. Quest’ultima potrebbe essere l’unica possibilità che resta alla destra non bolsonarista, in cui vanno inclusi i media. Sarebbe un ritorno del tentativo del giudice Moro, finora fallito, come candidato alternativo.

In questo quadro, tutto indica che, con il passare del tempo fino al 2 ottobre, giorno del primo turno delle elezioni presidenziali, si consoliderà il vantaggio di Lula, con sempre più consensi alla sua candidatura. Ha già il sostegno di poco più della metà degli evangelici. Il settore più resistente è quello degli uomini d’affari, che per lo più sostengono ancora Bolsonaro.

Il recente tentativo di utilizzare la sua degenza in ospedale per un presunto caso di ostruzione intestinale, mostra come l’arsenale a disposizione di Bolsonaro sia sempre quello, ma senza la precedente efficacia. Da qui al voto ci saranno altri casi del genere. Resta da vedere se basteranno per impedire a Lula di vincere al primo turno o se Bolsonaro impedirà a un altro candidato di sorpassarlo.

Il 2022 è quindi un anno importante, decisivo per il futuro del Brasile e, in qualche modo, per il continente latinoamericano nel suo insieme.