«Dal primo ottobre l’Iva sul gas scenderà dal 21 al 5%». Lo ha annunciato ieri il presidente del governo spagnolo, Pedro Sánchez, nel corso di un’intervista a Cadena Ser durante la quale ha anche ribadito la volontà di aumentare in maniera consistente le spese militari, nonostante la contrarietà degli alleati di Unidas Podemos.

Per ora è previsto che lo sconto fiscale, inizialmente chiesto dall’opposizione di destra e che il portavoce dell’esecutivo aveva invece escluso ancora mercoledì, duri fino al 31 dicembre. «I tagli fiscali selettivi vanno a beneficio della classe media e lavoratrice», ha spiegato il leader socialista commentando l’ennesima misura adottata per tentare di mitigare le conseguenze sociali ed economiche del vertiginoso aumento delle bollette. In tre mesi Madrid dovrà rinunciare a 200 milioni di introiti, senza intaccare ulteriormente gli extraprofitti delle società energetiche che il governo ha già deciso di tassare nelle scorse settimane.
Il premier spagnolo ha escluso misure volte a razionare il consumo energetico. Madrid continua a puntare su un ruolo di primo piano come hub continentale del gas anche se – ha spiegato la ministra socialista della Transizione ecologica, Teresa Ribera – «la Spagna non ha bisogno di esportare gas» ma sarebbe disponibile «ad aiutare l’Europa».

È però evidente che, se da una parte la Spagna è il paese europeo con la maggiore capacità di approvvigionamento e rigassificazione di Gnl (che arriva via nave principalmente da Stati Uniti, Qatar e Nigeria), vantando il 30% di quella complessiva, può esportare solo una quota minima di gas per mancanza delle opportune infrastrutture di connessione.
Madrid è quindi impegnata su un doppio binario. Da una parte, preme sui partner europei e in particolare su Berlino affinché convincano il governo francese a dire sì al MidCat, una condotta che dovrebbe congiungere la rete spagnola a quella oltre i Pirenei catalani. In attesa della riunione dei 27 ministri dell’Energia del 9 settembre, Madrid ha incassato il sostegno del cancelliere tedesco Scholz e del ministro degli Esteri italiano Di Maio.

Ma per Parigi, che ha puntato sul nucleare e su un potenziamento dei suoi rigassificatori, il MidCat è troppo costoso (3 miliardi di euro), arriverebbe troppo tardi rispetto alla crisi attuale e oltretutto contraddirebbe l’impegno, adottato da tutta l’Ue, di prescindere quanto prima dagli idrocarburi fossili.

Così, nel tentativo di aggirare le persistenti resistenze di Macron – anche se nei giorni scorsi il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, si è detto disponibile a riesaminare il progetto – l’esecutivo Sánchez lavora a un piano B: un gasdotto sottomarino lungo 700 km in grado di unire un grande rigassificatore operativo sulla costa di Barcellona con quello, più piccolo, posizionato a largo di Livorno.

Le forniture, spiega Ribera, darebbero sollievo all’Italia che deve fare ancora i conti con un’alta dipendenza dal gas russo; inoltre, dalla Toscana, il gas “spagnolo” potrebbe essere iniettato nella rete continentale. In un secondo tempo, promette la ministra, il gas naturale potrebbe essere miscelato con biocombustibile e in seguito anche essere sostituito dal cosiddetto “idrogeno verde”. Se il piano fosse approvato in tempi brevi, il nuovo tracciato potrebbe essere operativo già a fine 2023. Snam ed Enagás hanno già firmato un accordo per studiare la fattibilità di un progetto da 2,5 miliardi che la Commissione europea ha inserito nel piano RepowerEu.