Il 12 dicembre si è svolto un insolito combattimento nell’ottagono del centro sportivo Del comune di Borba, nello stato brasiliano dell’Amazonas. Sebbene lo stato sia noto per la sua forte tradizione nell’allenamento degli atleti di MMA (Mixed Martial Arts), quella domenica lo scambio di calci e pugni non era tra due sportivi, ma tra due politici rivali. Il combattimento è stato il modo in cui l’ex consigliere comunale Erineu Alves da Silva e il sindaco della città, Simão Peixoto, hanno scelto di risolvere un disaccordo politico: settimane prima, Silva aveva pubblicato un video in cui criticava l’amministrazione comunale per la cattiva conservazione dello stabilimento balneare della città e minacciava di prendere a pugni il sindaco. In risposta, quest’ultimo ha convocato sul ring il suo avversario che, dopo tre turni, è stato sconfitto.

Nel Brasile di Jair Bolsonaro, l’immagine – ovviamente trasmessa via internet – di due politici in guanti e pantaloncini che saltano sul ring sembra perdersi nel mezzo di flusso di notizie abituato a esagerate manifestazioni di mascolinità nel contesto del potere pubblico. Da sempre, ma in particolare dopo l’impeachment di Dilma Rousseff, misoginia, omofobia, razzismo, svilimento dei diritti umani e della tutela dell’ambiente, moralismo religioso, patriottismo, autoritarismo, apologia delle armi, segni di un’ideologia particolarmente pervasiva nell’estrema destra brasiliana, hanno più di un orientamento politico in comune. Incarnano anche un insieme di valori che compongono la cosiddetta mascolinità egemonica, che con il bolsonarismo mostra ancora di più i suoi denti senza alcuna vergogna.

IL TERMINE mascolinità egemonica, secondo il sociologo e ricercatore Túlio Custódio, denota più di una semplice rappresentazione di cosa significa essere un uomo in Occidente: è anche un progetto di civiltà. «Da secoli questo progetto è stato collegato ad altri, come il colonialismo e il capitalismo. Si basa eticamente su un principio di potere organizzato in modo binario e gerarchico. E questo binarismo comporta l’annientamento simbolico e fisico dell’altro, in tutti i rapporti di genere, classe, razza, religione e territorio», spiega Custódio.
Negli ultimi anni, in Brasile, il tema è stato oggetto di studio da parte di diversi gruppi, in gran parte stimolati dalle agende promosse dal femminismo e dai movimenti Lgbtq+. Ne è un esempio “Papo de Homem” (Chiacchiera tra Uomini), progetto nato nel 2014 per promuovere ricerche, corsi e dibattiti su temi di paternità, equità razziale, relazioni affettive, salute mentale, violenza e altro. In una delle iniziative di Papo de Homem, il giornalista Ismael dos Anjos ha coordinato un sondaggio tra 47.000 persone sulle diverse rappresentazioni della mascolinità percepita. La ricerca ha portato alla realizzazione di un documentario intitolato O Silêncio dos Homens (2019).

L’IDEA DELLA RICERCA era quella di identificare gli aspetti che costruiscono la nozione di mascolinità in Brasile, ponendosi domande del tipo: come imparano gli uomini ad essere uomini? Quali modelli incidono sulla loro formazione? «Quasi tutti i problemi sociali, nel mondo occidentale, sono attraversati da questa comprensione limitata di che cos’è essere uomo. Gli uomini sono una parte del problema, quindi devono anche essere parte della soluzione», valuta Ismael dos Anjos. Secondo il giornalista, questa soluzione include rompere la subalternità che segna le relazioni tra la mascolinità egemonica e gli altri modelli possibili nella costruzione dell’identità maschile. «La mascolinità è una performance: gli uomini cercano sempre di essere percepiti come uomini. Ma in Brasile, in tanti uccidono o muoiono in continuazione cercando di arrivarci», dice, riferendosi all’alto tasso di morti violente nel Paese, in aumento dal 2018.

In un modello che si struttura sotto l’egida della performance e della dominazione, la violenza è uno dei linguaggi principali, così come le sue manifestazioni, quali la violenza di genere, il militarismo, i comportamenti rischiosi e il controllo attraverso la forza. Inoltre, la negazione di tutto ciò che è considerato appartenente al femminile, compreso l’affetto e i lavori di cura. Con tutte queste caratteristiche, l’allineamento con i valori patriarcali e neoliberisti è naturale.

PER TÚLIO CUSTÓDIO esiste una stretta relazione tra il progetto di potere dell’estrema destra e i valori della mascolinità egemonica, caricaturizzata nella figura di Bolsonaro, ma diffusa in tutta la società. «C’è una forte reazione a un movimento verso la ‘depatriarcalizzazione’ delle relazioni politiche e sociali in tutto il mondo. Il ventesimo secolo è stato segnato da progressi che riducono il potere del patriarcato. Il discorso dell’estrema destra è un discorso di risentimento, di quelli che vedono sminuire la loro condizione simbolica, i loro privilegi», osserva.

Quando Bolsonaro era ancora un deputato poco conosciuto, i suoi insulti alle donne e alle minoranze lo portarono per prima volta sulle pagine dei giornali. Ad esempio nel 2016, quando disse alla deputata Maria do Rosário (PT) che era «troppo brutta per essere violentata» o che preferirebbe avere un figlio morto piuttosto che uno gay. Già nella sua campagna elettorale, nel 2018, il gesto di imitare una pistola con la mano è diventato uno dei suoi simboli. Fino ad oggi, Bolsonaro ha incoraggiato spesso la popolazione ad acquistare armi da fuoco – ha già approvato quattro decreti che ne facilitano l’acquisto.

QUANDO la massima autorità del potere esecutivo del paese legittima questi valori nel suo discorso e nel suo comportamento, l’impatto è significativo. Facendo battute misogine, razziste o omofobe, ad esempio, Bolsonaro autorizza la violenza contro questi segmenti della popolazione – in un paese che è il quinto al mondo in femminicidi e campione mondiale di omicidi della popolazione transgender. Per non parlare del rifiuto da parte di Bolsonaro di usare la mascherina anti-COVID, perché da lui considerata «cosa di persona debole ed effeminata».

Per trasformare questo scenario servirebbe, tra le altre cose, un coinvolgimento reale della sinistra nel dibattito e una maggiore rappresentanza di corpi diversi da quelli maschili, bianchi, ricchi ed eterosessuali nei luoghi di potere. Quest’ultima, infatti, è una delle lotte di centinaia di donne, transessuali, neri ed indigeni che, nelle ultime elezioni legislative, hanno guadagnato più spazio nei parlamenti brasiliani. Molti di loro subiscono continue intimidazioni, dalle battute sessiste o razziste sul posto di lavoro e sui social network alle minacce di morte, come nel caso della parlamentare di Minas Gerais, Andréia de Jesus (PSOL), e di Talíria Petrone, parlamentare leader del PSOL a Rio de Janeiro. Per non dimenticare Marielle Franco, giustiziata tre anni fa in un delitto il cui autore è ancora sconosciuto.

NONOSTANTE il violento backlash, la prospettiva è che la diversità aumenterà sempre di più nello scenario politico brasiliano, a seguito di una serie di dibattiti che stanno crescendo nella sfera pubblica e che, fino a pochi decenni fa, erano impensabili. «La decostruzione del modello maschile egemonico è un processo in corso. È ancora lontana dall’ideale, ma c’è un importante aumento di discussioni sulle questioni di razza, genere ed equità. Non si torna più indietro», dice Custódio.