La Corte suprema ha archiviato l’ennesima causa che minacciava l’intero Affordable Care Act (Aca), dichiarando che gli Stati guidati dai repubblicani che avevano presentato il caso non hanno le basi legali per contestare la storica legge sull’assistenza sanitaria voluta da Obama.

La decisione presa con un 7 a 2 preserva l’assicurazione sanitaria per milioni di persone, incluse le protezioni per chi ha condizioni preesistenti, e potrebbe essere il capitolo finale degli attacchi legali all’Affordable Care Act.

Secondo gli Stati repubblicani che avevano portato il caso alla Corte suprema, l’intera legge doveva essere dichiarata non costituzionale perché nel 2017 era stato cancellato l’obbligo originario dell’Aca di fare pagare una tassa più alta a chi non era assicurato.

Una richiesta audace chiedere ai giudici di annullare la legge appellandosi a un cavillo, tanto più che il provvedimento impugnato dai ricorrenti, letteralmente, non avrebbe avuto alcuna utilità pratica.

La Corte non ha nemmeno raggiunto la questione se la legge fosse costituzionale o meno e la sentenza scritta dal giudice liberal Stephen Breyer ha stabilito che nessuno può intentare causa per contestare una disposizione di legge che non porta a nulla.

«I querelanti statali non sono riusciti a dimostrare – si legge nella sentenza – che il non sanzionare la mancata copertura minima essenziale li danneggerà, portando più persone a iscriversi a questi programmi. Né la logica né l’intuizione suggeriscono che la presenza del requisito minimo di copertura essenziale porterebbe un individuo a iscriversi a uno di quei programmi che la sua assenza lo porterebbe a ignorare. Una penalità potrebbe aver portato alcuni individui per inerzia a iscriversi. Ma senza sanzione, quale incentivo potrebbe fornire il provvedimento?».

Quattro giudici nominati dai repubblicani, tra cui Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett scelti da Trump, si sono uniti all’opinione di Breyer. La notizia è stata accolta con gioia soprattutto dalla comunità transgender che ha subito diversi attacchi riguardanti la copertura sanitaria che, a detta di Trump e dei repubblicani, non dovrebbe includere terapie ormonali o interventi chirurgici per la disforia di genere.

Se questo spettro è di nuovo allontanato, non si può dire che i problemi siano finiti. Dall’inizio del 2021 decine di Stati hanno introdotto oltre 110 leggi anti-trans, incluso il divieto ai ragazzini trans di giocare in certe squadre sportive.

Quello che colpisce è che la maggioranza delle leggi colpisce proprio i ragazzini dagli 11 ai 17 anni. Per difenderli il Dipartimento dell’Istruzione ha affermato che le protezioni del Title IX, legge degli anni ’70, si applicano anche agli studenti gay e trans. Il Title IX vieta la discriminazione sessuale, le aggressioni e le molestie nei programmi educativi finanziati dal governo federale.

La mossa del Dipartimento di estenderla anche agli studenti transgender inverte la posizione di Trump, secondo cui gli studenti gay e trans non avrebbero diritto alle protezioni, e segue invece la sentenza del 2020 della Corte suprema che protegge i lavoratori Lgbtq+ dalla discriminazione, ai sensi della legge sui diritti civili.

Il segretario all’istruzione Miguel Cardona ha affermato che tutti gli studenti, compresi i membri della comunità Lgbtq+, «meritano l’opportunità di imparare e crescere» e gli attivisti hanno elogiato una decisione che aiuterà a proteggere i giovani trans, anche se molti sono scettici sul fatto che i governi repubblicani locali adotteranno la nuova guida.