Un’intervista, due correzioni. Ignazio La Russa, che già venerdì quando la sua storia dei nazisti musicisti di via Rasella aveva cominciato a circolare era intervenuto con una nota per precisare di non aver definito l’azione partigiana «ingloriosa, bensì tra le meno gloriose», ieri di fronte alle critiche ha sentito il bisogno di chiedere scusa. O quasi.

«Non ho difficoltà a precisare che ho sbagliato a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti – ha scritto il presidente del senato in una seconda nota per la stampa – ma credevo che fosse ovvio e scontato oltre che notorio». Dunque era «notorio» chi fossero i soldati della Bozen bersaglio dei Gap romani, cioè il terzo battaglione di un reggimento di polizia aggregato alle SS di Himmler, eppure proprio lui, La Russa, li aveva definiti «una banda musicale di semi pensionati».

Avevano in media 35 anni e vale la pena di riprendere parola per parola la «correzione» del presidente del senato: «Non so poi se effettivamente è errata la notizia, più volte pubblicata e da me presa per buona, che i riservisti altoatesini inquadrati nella polizia tedesca facessero anche parte della banda militare del corpo». Non lo sa, ma intanto lo ha detto perché lo ha letto da qualche parte – che abbia letto molta pubblicistica fascista non può essere una sorpresa – ma intanto aggiunge un «anche». Erano cioè «anche» una banda militare e non più una banda musicale certamente e basta.

Solo in fondo alla nota, dopo aver aggiunto che «sull’azione partigiana di via Rasella molti, anche di sinistra, sono stati assai critici», La Russa si ricorda di dovere delle scuse. Scuse fino a un certo punto, però: «Voglio scusarmi con chi abbia comunque trovato motivi di sentirsi offeso», attenzione, «anche in forza di resoconti imprecisi». La colpa dunque non è sua o non è solo sua, ma al solito è dei giornalisti.

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Di fronte a questo balletto di affermazioni gravi, che secondo la segretaria del Pd Elly Schlein è anche un modo per spararla grossa «ed evitare di rispondere sul Pnrr e sulla strage di Cutro», le polemiche naturalmente non si placano. Il presidente nazionale dell’Anpi Pagliarulo dice che La Russa «è palesemente inadeguato al ruolo che ricopre e dovrebbe avere la coscienza di dimettersi» e la stessa richiesta fa Bonelli del gruppo parlamentare Verdi/Sinistra. Non così l’ex presidente del Consiglio Conte, leader dei 5 Stelle, che preferisce non chiedere le dimissioni ma «confidare che prosegua nel suo incarico con maggiore responsabilità».

Ma intanto è proprio il presidente del senato ad annunciare, al Corriere della Sera, una «sorpresa» per il 25 aprile. Ci si può aspettare il peggio, certamente non che partecipi alla manifestazione nazionale antifascista di Milano, la sua città. Sia perché ha già detto in passato che lui alle manifestazioni del 25 aprile, comprensibilmente, non ci va. Sia perché non ce lo vogliono e se ci andasse, come ragionava ieri un dirigente esperto della Digos milanese, mantenere l’ordine pubblico potrebbe essere complicato.

Ma non si può parlare di invito ritirato dopo le, più recenti, affermazioni anti-antifasciste del presidente del senato. Come spiega Roberto Cenati, presidente dell’Anpi milanese e del Comitato permanente antifascista che dall’aprile 1969 organizza la manifestazione nazionale, nessuno ha mai pensato di volere sul palco in piazza Duomo né La Russa né il presidente della camera, il leghista Fontana. «Non c’è nessun automatismo negli inviti, ma certamente nessuna alta carica dello stato ha mai pronunciato parole così gravi, denigratorie e profondamente divisive sulla Resistenza come quelle di La Russa», dice Cenati.

E fa notare che negli ultimi 13 anni, solo due volte (Boldrini nel 2013 e Grasso nel 2017) sono stati invitati i presidenti delle camere. E solo due volte sono venuti i presidenti della Repubblica il 25 aprile a Milano: Napolitano nel 2010 e Mattarella nel 2015, non però per stare sul palco di piazza Duomo ma per partecipare a cerimonie alla Scala e al Piccolo teatro. Quanto ai componenti del governo, il Comitato non ne ha mai invitati. E così quest’anno l’unica autorità pubblica sarà, come da tradizione, il sindaco di Milano Sala. Parleranno anche il segretario della Cisl Sbarra, la presidente dei partigiani cristiani Garavaglia, Venegoni dell’Aned, Pagliarulo dell’Anpi e una studentessa. «Sarà un 25 aprile di lotta e mobilitazione per non far riscrivere la storia», dice la segretaria Pd Schlein. Per la quale «le scuse di La Russa non bastano». Ammesso che siano scuse.