Acid, l’associazione creata da un gruppo di cineasti francesi agli inizi degli anni Novanta per sostenere e diffondere il cinema indipendente, cura ogni anno una programmazione parallela al festival: giovani registi, film a basso budget, testimonial speciali – quest’anno c’è anche Frederic Wiseman – per quello che anno dopo anno si conferma un laboratorio di talenti liberi – all’Acid è passato anche Alain Guiraudie ora in concorso. Per inaugurare l’edizione 2016 l’Acid ha scelto un film di animazione, La jeune fille sans mains, una fiaba dei fratelli Grimm di cui il regista, Sébastien Laudenbach ritrova la dimensione fantastica in un romanzo di formazione fuori dal tempo. Che poi questo sono le fiabe, luogo universale dei molti viaggi della vita, delle scoperte di se stessi come l’avventura della giovane e bellissima protagonista, fanciulla immersa nella natura, tra le foglie dell’amato albero di mele sul quale dorme, fantastica, lascia vagare lo sguardo immaginando che un giorno l’acqua torni al mulino mettendo fine a miseria, fame, paura.

Il padre però col miraggio dell’oro ha ceduto alle lusinghe del diavolo e gli ha venduto tutto, anche quella figlia le cui lacrime rendono troppo «pulita» per portarla via. E pur di tenere le ricchezze accetterà di mozzarle le mani… È l’acqua a salvarla, l’elemento primordiale, materno, femminile: la conduce al suo principe e la protegge quando il demone tornerà indicandole il rifugio per se e per il bimbo che è appena nato. Ma non ci sono castelli nel «lieto fine», la felicità è altrove, nello stare al mondo inventandone nuove regole, nella scoperta di altri e diversi luoghi dove mettersi alla prova.

Il tratto è quello dell’acquarello, linee sottili, appena accennate, che a volte scompaiono nei colori tenui e in schizzi frammentati. Eppure sono potenti, con una «verità» in questa astrazione più forte di qualsiasi immagine «realistica». Laudenbach impasta colori e stati d’animo, mescola la fisicità del corpo, dal «fare» di quelle mani più preziose dell’oro alla sensualità, il bacio del principe, il latte che esce dal seno quando nasce il bimbo, la terra, il gioco dei corpi di mamma e figlio nudi nel ruscello, l’intimità delicata dell’amore.

Il regista nel dossier stampa parla di un legame profondo col personaggio della ragazza, quasi una fusione: «Anche io come lei quando ho iniziato a lavorare al film stavo vivendo un momento di cambiamento, ero alla ricerca di qualcosa verso cui dirigere il mio futuro». Nulla è scontato nel cammino della protagonista che la conduce a liberarsi delle sue paure in un mondo nel quale essere donna appare difficile. Padri, mariti, demoni, fedeli servitori i maschi sono sempre lí a controllare anche aiutando, a disporre, a soffocare pure col loro amore. Lei peró con o senza mani impara a lottare da sola, cresce insieme al suo bimbo scoprendo una dimensione leggera di libertà. Se poi vivranno tutti «felici e contenti» non lo sappiamo, ma questa è la grana della vita e la magia del film.