Oggi i trattori degli agricoltori belgi, con delegazioni da Francia, Germania, Olanda e Italia con Coldiretti in rinforzo, accoglieranno i 27 capi di stato e di governo a Bruxelles, riuniti per il Consiglio straordinario dedicato ai finanziamenti all’Ucraina, 50 miliardi rimasti in forse a dicembre a causa dell’opposizione ungherese. L’Eliseo ha annunciato un incontro tra Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen sulla crisi agricola. Ieri, il ministro dell’agricoltura francese, Marc Fesneau, è andato a Bruxelles per «gestire le emergenze».

LA COMMISSIONE comincia a rivedere alcune regole: sulle terre da lasciare a riposo, destinate a proteggere la biodiversità – in principio il 4% per ottenere i versamenti Pac (la nuova politica agricola comunitaria), regola sospesa nel 2022 in seguito all’aggressione dell’Ucraina e rimessa in vigore da gennaio – oggi verrà annunciato un passo indietro, prolungando la deroga fino al gennaio del prossimo anno. La Francia ha inoltre presentato un progetto, approvato da una decina di paesi, che prevede di sostituire il 4% a riposo con l’impegno a destinare il 7% del totale a coltivazioni favorevoli alla biodiversità (leguminose) o a stagni o siepi, a scelta del coltivatore.

La Commissione, che intende confermare a giugno, per un altro anno, le esenzioni dai dazi e dalle quote per l’import dei prodotti agricoli ucraini, ha dichiarato ieri di essere pronta a introdurre «meccanismi di salvaguardia», un freno di emergenza per uova, zucchero e pollame, in caso di difficoltà per gli agricoltori della Ue, che denunciano una «concorrenza sleale» (la Polonia preme per inserire anche i cereali).

La Francia, dove i trattori della Coordination rurale stanno assediando i mercati generali di Rungis (ieri ci sono stati 79 fermi) e dove la Fnsea (il maggior sindacato agricolo), assieme ai Jeunes agriculteurs, continua a bloccare le autostrade per Parigi, preme per una sospensione dei negoziati di libero scambio con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay), che dovrebbero creare un mercato di 800 milioni di abitanti e abbattere i dazi di 4 miliardi. Un accordo «carne contro auto», a cui tengono molto Germania e Spagna, ma che ormai sembra impossibile approvare prima delle elezioni europee di giugno.

I GOVERNI, A 5 MESI dal voto, temono che la rivolta degli agricoltori gonfi i consensi all’estrema destra, che rischia di occupare un terzo dei seggi del prossimo parlamento europeo. Il tema di fondo, difatti, è la “sovranità” nazionale, i bersagli sono la Ue e il Green Deal, accusati di imporre troppe norme, non rispettate dai prodotti importati (Fnsea a Coordination rurale denunciano anche i prodotti di altri paesi Ue, giudicati più lassisti).

Anche se l’agricoltura europea dipende dai finanziamenti Ue, 55 miliardi l’anno (9 per la Francia, primo beneficiario). Macron, preoccupato dai sondaggi che danno il Rassemblement national grande vincitore, è obbligato a esercizi di equilibrismo: come non prendere di punta gli agricoltori, sostenuti da una maggioranza schiacciante della popolazione, che fanno un discorso nazionalista e anti-europeo e al tempo stesso difendere l’europeismo contro Marine Le Pen, il suo cavallo di battaglia dal 2017? Lo slogan della campagna di Renaissance, il suo partito, è «Bisogno d’Europa», ma dai trattori sale un rifiuto di Bruxelles e delle sue regole, mentre nel discorso di politica generale, martedì, il primo ministro, Gabriel Attal, si è sbilanciato a favore di «un’eccezione agricola» francese, senza convincere gli agricoltori, che aspettano nuovi annunci venerdì.

LA UE HA GIÀ MESSO il freno al Green Deal: la Commissione ha fatto passi indietro sulla limitazione dei prodotti chimici, l’uso del glifosato è stato allungato per altri 10 anni. Il benessere animale è stato limitato al trasporto (e von der Leyen ha fatto pressione per declassare la protezione dei lupi, uno di loro mesi fa ha azzannato e ucciso il suo vecchio pony). Al Parlamento europeo, il gruppo Ppe ha svuotato la legge di restaurazione della natura, che deve essere votata in plenaria a breve, e limitato il calo dell’uso di pesticidi. La strategia Farm to Fork, che avrebbe dovuto agire su tutta la catena alimentare, dalla produzione al consumo, è in crisi. Le tensioni esplodono tra produttori, industriali e grande distribuzione.