L’area del Pacifico è da anni in costante tensione, tanto da essere considerata un potenziale focolaio di futuri conflitti, a causa di diversi fenomeni: da un lato c’è la contesa territoriale che contrappone la Cina a tutti i paesi dell’area, supportati (fino ad oggi) dagli Stati uniti; dall’altro c’è l’enigma determinato dall’imprevedibilità della Corea del nord.

PROPRIO DA PYONGYANG arriva la prima crisi regionale dell’era Trump. Il presidente americano in questo caso si trova in piena continuità con il passato: a fronte del lancio di quattro missili da parte della Corea del nord verso il Giappone (tre dei quali caduti in mare senza alcun danno per Tokyo) Trump ha definito Pyongyang «una minaccia» che sarebbe entrata «in una nuova fase». E anche per questo, dopo i tentennamenti dei mesi scorsi ha provveduto a dispiegare il sistema antimissilistico Thaad in Corea del sud.

IL PROBLEMA è che questo gesto, per altro concordato con un governo che ha la sua leader fuori gioco a causa dello scandalo che ha portato a una sua momentanea destituzione, è chiaramente stato letto in maniera molto negativa da Pechino, che non ha nascosto il proprio nervosismo di fronte al gesto di Stati uniti e Corea del Sud. All’interno di questa crisi ce n’è poi un’altra: a seguito della morte di Kim Jong-nam, fratello dell’attuale leader di Pyongyang, avvenuta in Malesia, le autorità locali hanno puntato il dito proprio contro la leadership coreana, accusata informalmente di essere «mandante» dell’omicidio. Così ieri la Corea del nord ha «sequestrato» i malesi presenti sul proprio territorio.

A STRETTO GIRO LA MALESIA ha fatto la stessa cosa con i coreani sul proprio territorio. Solitamente di fronte a queste escandescenze di Kim, la domanda è sempre stata la solita: come gestire il giovane leader nord coreano? Gli Usa solitamente hanno tenuto un atteggiamento molto critico, mentre la Cina ha sempre cercato di difendere Pyongyang. Ma negli ultimi tempi anche Pechino pare avere cambiato idea sulla necessità di difendere la Corea del nord, senza contare che almeno ufficialmente tra le due dirigenze non c’è stato alcun contatto: da quando è al potere Kim non si è mai recato in Cina, né ha ricevuto leader cinesi. Quindi le sue azioni potrebbe essere, come spesso è accaduto, segnali per riottenere aiuti dai paesi stranieri.

LA PROVOCAZIONE di Pyongyang, come ha sempre temuto Pechino, ha finito per sbloccare quanto la Cina non voleva, ovvero il dispiegamento dello scudo anti missile in Corea del Sud. Secondo Pechino «il sentiero intrapreso è sbagliato, ci opponiamo fortemente allo spiegamento del Thaad in Corea del Sud da parte della Repubblica di Corea e degli Stati uniti», ha confermato il portavoce del ministero, Geng Shuang, e la Cina «prenderà con risolutezza le misure necessarie per difendere i propri interessi di sicurezza».

L’OPPOSIZIONE CINESE al Thaad, la cui installazione è vista dalla dirigenza cinese, riunita in questi giorni nell’Assemblea nazionale, come una minaccia ai propri sistemi di sicurezza militari e come un fattore di aumento della tensione nella penisola coreana.

Per capire quanto i cinesi prendano seriamente la cosa, nei giorni scorsi il quotidiano China Daily ha scritto che «lo spiegamento dello scudo anti-missile potrebbe innescare una nuova guerra fredda nell’Asia nord-orientale». Da tempo ci sono polemiche legate allo scudo, con ripercussioni anche di natura commerciale: una popolare catena di supermercati sud-coreana, la Lotte, è stata accusata da Pechino di avere concesso al governo di Seul il terreno su cui sorgerà il sistema anti-missilistico. Nei giorni scorsi la Lotte aveva confermato la chiusura di dieci supermercati in Cina a causa delle tensioni politiche con Pechino e delle ispezioni a sorpresa delle autorità sanitarie cinesi.

PER GLI USA il sistema antimissilistico Thaad attrezzato Corea del Sud è considerato di tipo difensivo e non sarebbe tale da compromettere la sicurezza di altri paesi. Lo ha detto il rappresentante permanente statunitense alla conferenza sul disarmo di Ginevra, Robert Wood, precisando che lo scopo delle attività è quello «di ridurre la minaccia dopo la decisione di Pyongyang di procedere al lancio di missili balistici».