«Il dialogo sia anteposto agli interessi di parte. Mai la guerra». Nella giornata di preghiera per la pace in Ucraina, papa Francesco ha rilanciato le parole chiave della diplomazia e invitato i capi dei governi e i leader delle organizzazioni internazionali a percorrere la via dei negoziati.

«VI INVITO A PREGARE per la pace in Ucraina: chiediamo con insistenza al Signore che quella terra possa veder fiorire la fraternità e superare ferite, paure e divisioni», ha detto ieri mattina il pontefice durante l’udienza generale in Vaticano. Ma la Santa sede gioca anche un ruolo diplomatico, e infatti, a sottolineare che si tratta di un atto di fede che intende parlare anche alla politica, ha aggiunto: «Le preghiere e le invocazioni che oggi si levano fino al cielo tocchino le menti e i cuori dei responsabili in terra, perché facciano prevalere il dialogo, e il bene di tutti sia anteposto agli interessi di parte. Per favore, mai la guerra».

Si è pregato in Ucraina, con i vescovi cattolici e greco-cattolici che hanno condannato «la crescente pressione da parte russa che ha ammassato armi e militari ai confini». Poi però, più in linea con l’azione “ecumenica” della Santa sede, hanno ribadito che «la ricerca di metodi alternativi alla guerra per risolvere i conflitti internazionali è un’esigenza urgente, perché il potere terrificante degli strumenti di distruzione a disposizione anche delle medie e piccole potenze e i legami sempre più forti esistenti tra le nazioni del mondo intero oggi rendono difficile o addirittura praticamente impossibile limitare gli effetti del conflitto». E hanno invitato i leader politici ad affrontare le divergenze «non con le armi, ma attraverso gli accordi».

E SI È PREGATO in Russia, dove il presidente della Conferenza episcopale, il vescovo ciellino Paolo Pezzi, ha rilanciato le parole di Bergoglio: «Ogni azione e iniziativa politica sia al servizio della fratellanza umana più che di interessi di parte».

A Roma la Comunità di sant’Egidio, che in alcune crisi internazionali ha agito come una sorta di diplomazia vaticana parallela, ha organizzato una veglia nel proprio quartier generale di Santa Maria in Trastevere, presieduta da monsignor Paul Gallagher, “ministro degli esteri” del Vaticano. Pax Christi ha promosso momenti di preghiera diffusi «per la pace in Ucraina» e «alla vigilia della Giornata della memoria».

La Giornata internazionale della memoria delle vittime della Shoah è stata ricordata anche da papa Francesco durante l’udienza di ieri. «È necessario ricordare lo sterminio di milioni di ebrei e persone di diverse nazionalità e fedi religiose – ha detto il pontefice – Non deve più ripetersi questa indicibile crudeltà! Faccio appello a tutti, specialmente agli educatori e alle famiglie, perché favoriscano nelle nuove generazioni la consapevolezza dell’orrore di questa pagina nera della storia. Essa non va dimenticata, affinché si possa costruire un futuro dove la dignità umana non sia più calpestata».

Altre parole  pronunciate da Bergoglio nell’udienza sono rimbalzate sui media: un passaggio dedicato alle persone omosessuali, con un invito ai loro genitori a non condannarli. Una condanna che però resta ancora scritta a chiare lettere nei documenti della Chiesa. «Penso ai genitori che vedono orientamenti sessuali diversi nei figli: accompagnare i figli e non nascondersi in un atteggiamento condannatorio», ha detto il pontefice.

«ACCOGLIAMO con favore le parole di papa Francesco, che confermano un atteggiamento di apertura nei confronti delle persone Lgbti, molto diverso da quello dei precedenti pontefici – ha commentato Gabriele Piazzoni, segretario generale dell’Arcigay – Tuttavia le persone Lgbti non hanno bisogno di paternalismo o commiserazione: chiedono diritti, piena uguaglianza, pari dignità. È la strada sulla quale la Chiesa sempre ci troverà. Lì la aspettiamo».

Mara Grassi, vicepresidente dell’associazione di omosessuali credenti La tenda di Gionata e madre di un ragazzo gay, dice al manifesto: «Sono riconoscente a questo papa che parla apertamente dei nostri figli gay, quando in tante comunità cristiane sono ancora invisibili, se non esclusi. Penso però che la Chiesa debba fare ancora tanta strada per una piena accoglienza delle persone Lgbt. I nostri figli non hanno un problema, né hanno fatto scelte sbagliate, sono nati così e vanno bene così».

INTANTO IN GERMANIA un gruppo di 125 fra preti e dipendenti della Chiesa cattolica tedesca ha annunciato pubblicamente la propria adesione al collettivo Lgbt #OutInChurch per protestare contro la «discriminazione» che affermano di subire nell’istituzione. Si vedrà se saranno «accompagnati» o «condannati» dalla Chiesa.