Il neoeletto premier britannico Keir Starmer ha accolto ieri 45 capi di governo europei nel primo incontro della Comunità Politica Europea dall’inizio dell’era laburista. Al centro dei dibattiti il sostegno all’Ucraina, le misure comuni per contrastare l’immigrazione, la sicurezza energetica e la minaccia russa. Tutti temi sui quali Starmer intende riavvicinarsi al Vecchio Continente, «un passo alla volta» come ha dichiarato in campagna elettorale, e da moderato che strizza l’occhio al populismo più che da leader di sinistra.

Senza mettere subito in discussione la Brexit ma cercando di istituire un patto di sicurezza bilaterale con l’Ue che l’inquilino di Downing street spera di firmare presto. «Siamo fiduciosi che si aprirà un nuovo capitolo con il Regno Unito» ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel al suo arrivo.

Particolarmente simbolica la scelta della sede per il summit. Il Blenheim Palace di Woodstock, nella contea di Oxford, è infatti il luogo natio di Winston Churchill, che durante la Seconda guerra mondiale divenne uno dei simboli della resistenza degli stati europei al nazismo. Starmer non ha mancato di sottolineare il legame simbolico tra i 5 anni che devastarono l’Europa e il momento attuale. «Una nuova tempesta si addensa sul nostro continente.

Il nostro primo compito qui oggi è quello di confermare il nostro fermo sostegno all’Ucraina, di unirci ancora una volta dietro quei valori che ci stanno a cuore e di dire che affronteremo insieme l’aggressione in questo continente». Il capo del governo di Londra ha anche aggiunto che «il Regno Unito intende assumere un ruolo più attivo sulla scena mondiale, soprattutto per quanto riguarda le bande di trafficanti di esseri umani che organizzano l’immigrazione irregolare».

La lotta all’immigrazione clandestina, nonostante l’area politica di provenienza, è stata uno dei cavalli di battaglia di Starmer alle scorse elezioni. Sia sull’Ucraina sia sulle modalità di chiusura del continente ai migranti, sembra che tra Londra e Bruxelles al momento si sia ritrovata una certa comunità d’intenti. Dunque, quale migliore cornice della casa di uno dei miti fondatori dell’Europa post-bellica per riallacciare i rapporti interrotti dai governi conservatori?

La Cpe è nata da un’idea del presidente francese Macron nel 2022 ed è strutturata come un forum per i Paesi dell’area geografica europea, ovvero anche per quegli stati che come la Gran Bretagna non fanno attualmente parte dell’Ue. Il collante di questa unione allargata è stato l’identificazione della Russia come minaccia comune e il conseguente supporto all’Ucraina. Si tratta del quarto vertice di questo tipo, il primo nel Regno Unito.

Tra le prime dichiarazioni congiunte, i capi di stato e di governo presenti hanno ribadito il loro sostegno unanime all’Ucraina, espresso preoccupazione per la futura leadership degli Usa, memori della prima presidenza di Donald Trump che con l’Europa non fu affatto morbida e delle insistenti minacce da parte del tycoon sul ridimensionamento della Nato e sui colloqui con la Russia.

Tra i vari ospiti presenti anche il presidente ucraino Zelensky e il segretario uscente della Nato Jens Stoltenberg, mentre la presidente della Commissione europea Von der Leyen era impegnata a Bruxelles a trattare per la sua rielezione. Zelensky ha lanciato una freccia avvelenata verso il premier ungherese Orbán, pur senza nominarlo mai: «Se qualcuno vuole fare qualche viaggio nella capitale della guerra per parlare e magari promettere qualcosa contro i nostri interessi comuni, allora perché dovremmo considerare una persona del genere? L’Ue e la Nato possono affrontare tutti i loro problemi anche senza questa persona». Zelensky ha, inoltre, biasimato Putin per «non essere riuscito a dividere l’Europa», pur ammettendo che il periodo, per l’Ucraina «è difficile».

Da Mosca il portavoce del Cremlino ha replicato che «la Russia non è mai stata una minaccia per nessuno all’interno dell’Ue e in Ucraina stiamo difendendo semplicemente i nostri interessi in una situazione in cui i Paesi della Ue si sono rifiutati di avere un dialogo aperto con la Russia sulle sue preoccupazioni».