Eurodeputati italiani in tilt sull’Ucraina. La colpa è del meccanismo che permette ai gruppi di richiedere il voto per parti separate (in gergo split vote). Il nuovo parlamento ha votato ieri la sua prima risoluzione. Un atto non vincolante, ma dall’alto valore simbolico, dato che vi si ribadisce il «sostegno continuativo» all’Ucraina, approvato con 495 voti a favore, 137 contrari e 47 astensioni.

La maggioranza è ampia, ma con diversi distinguo al suo interno. Il Pd ha trovato indigesto il passaggio in cui si chiede l’eliminazione delle restrizioni all’uso delle armi occidentali fornite a Kiev contro obiettivi militari in territorio russo. Per questo, nel voto splittato, i dem si sono astenuti sulla prima parte della frase, mentre hanno votato contro la possibilità per l’Ucraina di colpire in territorio russo. Su questo c’è stata però l’astensione di Gualmini e Picierno.

«Abbiamo votato sì alla risoluzione nel suo complesso. Però sull’attacco militare in territorio russo non viene specificato lo scopo difensivo né la tipologia di obiettivi», precisa al manifesto l’eurodeputato Pd Dario Nardella. «Oltretutto non si spende una sola parola sull’iniziativa diplomatica europea, né su piano da 50 miliardi per la ricostruzione delle città», continua l’ex sindaco di Firenze. «Sembra più un documento Nato che del Parlamento europeo».

Sul passaggio delle armi oltreconfine votano, in difformità dal gruppo S&D, gli italiani, con anche i 5S in Left, mentre i Verdi si spaccano, con gli italiani contro e tutti gli altri a favore. Nel voto finale, oltre ai Patrioti a destra, risultano contrari al provvedimento i 5S più Lucano e Salis, i Verdi italiani Guarda, Orlando e Scuderi in difformità dal gruppo. Ma anche i Pd Tarquinio e Strada diversamente dal Pd, e la Lega che vota all’opposto degli alleati di governo Fi e FdI, entrambi a favore.

Caso a parte, quantomai in chiave tricolore, quello di FdI che eccepisce sul passaggio di condanna contro il premier ungherese Viktor Orbán. Fi invece si unisce al Ppe sul tema delle armi in territorio russo, quando le dichiarazioni del leader Tajani sembrano andare in direzione opposta. Una cosa è certa: con il voto della Lega nel gruppo dei Patrioti, la compagine di governo conferma le sue divisioni sul sostegno a Kiev.