Una foto ricordo, di quelle che prima dell’era dei selfie, dei calciatori come dei tifosi, potevano fissare per sempre l’immagine di un evento sportivo, restituirne il clima anche a distanza di decenni. Solo che in questo caso si tratta di una fotografia rimossa dall’album di famiglia nazionale, legata a vicende che si vorrebbero nascondere quando non cancellare del tutto.

PERCHÉ QUELLO SCATTO, che apre l’interessante volume che Giovanni Mari ha dedicato ai due campionati del mondo di calcio vinti dall’Italia fascista, rispettivamente nel 1934 e nel 1938 – Mondiali senza gloria (People, pp. 186, euro 16) – mostra undici giocatori ben allineati, stretti nelle loro maglie nere e mentre si esibiscono nel saluto romano a favore del fotografo prima di disputare la finale che li vedrà imporsi sull’Ungheria nello stadio Yves du Manoir di Colombes, alle porte di Parigi, il 19 giugno del 1938: solo pochi mesi prima che il regime varasse le «leggi razziali».

L’INDAGINE DI MARI – già autore di diverse opere, tra cui, Genova, vent’anni dopo, Klausener Strasse, La propaganda nell’abisso – ricostruisce minuziosamente quella stagione e le molte ombre, non solo relative al Paese che quella nazionale rappresentava, che pesarono sulle due vittorie ovviamente celebrate al massimo dal regime mussoliniano. Qualche indizio: al di là del talento sportivo, l’Italia che nel primo casa ospitava il torneo, avrebbe fatto forti pressioni sugli arbitri; un atteggiamento, come denunciato all’epoca anche dalla Bbc, che si sarebbe ripetuto anche nel secondo, affiancato al messaggio funesto di quelle maglie nere con il fascio littorio cucito sul cuore.

IN TOTALE, ricorda Mari, l’Italia di mondiali ne ha vinti quattro – anche quelli del 1982 e del 2006 -, ma «se si studiano ben i fatti, però, si scopre che la metà dei titoli vantati dagli azzurri è macchiata da pesantissime ombre. Da reati sportivi e politici, da vergogne – quelle davvero – mondiali e storiche». Si è infatti dimenticato che due di quei trionfi «sono tinti di nero, intrisi dei delitti del fascismo».

I SUCCESSI del ’34 e del ’38 «racchiudono per intero il volto mendace, prevaricatore e imbonitore del regime» che se ne servì nella propria opera di propaganda. Dopo aver represso con la violenza il dissenso, il fascismo utilizzava anche quei mondiali per la costruzione del consenso. Quel che si vede oggi in Qatar è solo l’ultimo capitolo di una lunga storia.