La Georgia segue con estrema apprensione ed angoscia le convulsioni dell’Ucraina. Giovedì sera le strade di ella capitale, Tbilisi si sono riempite in ampie manifestazioni di sostegno ad un paese, il cui destino è vissuto come consustanziale al proprio. Anche in lizza per entrare nella Nato, la piccola repubblica caucasica fu teatro nel 2008 di un breve intervento militare russo, anch’esso presentato come esigenza di difendere entità separatiste (Sud Ossezia ed Abkhazia, sotto attacco scattato per decisione del governo di Tbilisi. In un ordine d’azioni inverso rispetto a quanto osservato quest’anno in Ucraina, dopo l’azione militare Mosca riconobbe le due entità quali Stati indipendenti. Da quel momento le relazioni diplomatiche fra i due paesi sono interrotte.

COME D’ABITUDINE nelle dinamiche di quest’altro martoriato paese post-sovietico, la situazione internazionale si riflette nelle dinamiche politiche interne. Il governo è retto dal partito, “Sogno georgiano” (SG), che pur mantenedo il timone rivolto ad Ovest è espressione di quanti vivono dalle relazioni commerciali con la Russia. Fino a lunedì il governo ha escluso la possibilità che la crisi in Ucraina degenerasse in guerra aperta. Il premier Irakli Garibashvili ha poi dichiarato che la Georgia seguirà i propri interessi nazionali e non si unirà quindi alle sanzioni contro Mosca, le quali «danneggerebbero solo la nostra popolazione». Sullo sfondo della guerra e della mobilitazione dell’Occidente, la politica pragmatica” di Tbilisi infuria gli oppositori. che cercano di convogliare la piazza contro un “regime fantoccio” tacciato di “collaborazionismo”. In effetti, nel 2008 la solidarietà di Kiev (allora controllata da un governo frutto, quale quello di Saakashvili di un cambio di regime sostenuto da Washington) era stata incondizionata.

La rottura russo-ucraina nel 2014 è stata vissuta con sollievo da Tbilisi, dove la maggioranza considera che l’impegno di Mosca sul fronte ucraino la abbia distolta dall’interessarsi dagli affari interni del paese che da vent’anni bussa alle porte della Nato ed è divenuto un campione del modello neoliberista nell’ex-Urss. Il protagonista di questa svolta (e principale responsabile dello scoppio della guerra nel 2008) fu l’allora presidente Mikhail Saakashvili. Nonostante la disfatta procurata al paese, forte dell’appoggio occidentale, “Misha” continuò ad occupare la sua poltrona fino alla fine del suo secondo mandato. Non è da sottovalutare come l’esempio di tale impunità abbia influito sull’attuale escalation, alimentando l’assertività di Kiev di fronte ai propri separatisti nel Dombass così come la diffidenza di Mosca nei confronti dell’Occidente.

NEL 2012, LA SALITA al potere di “Sogno georgiano”, un’eterogenea coalizione politica assemblata dall’oligarca Bidzina Ivanishvili (la cui fortuna è stata accumulata in Russia) fu ritmata dall’aumentare del numero degli scontenti del regime di Saakashvili, che dovette abbandonare un paese dove molti gliela avevano giurata.

Dopo una breve parentesi presso i suoi sponsor negli Usa, “Misha” riapparve a Kiev passata dal lato occidentale. Insignito della cittadinanza ucraina, assieme ad un cospicuo gruppo di suoi collaboratori, Saakashvili ha ricoperto incarichi di governo, prima per la presidenza Poroshenko e poi anche per quella Zelenskyy, che nel maggio del 2020 lo nominò dirigente del Consiglio nazionale di riforma ucraino. Il fatto che sulla sua testa pendessero diversi mandati di cattura emessi dal nuovo governo georgiano (tra cui per un omicidio e per l’organizzazione di varie aggressioni contro gli oppositori) ha costituito un serio elemento di disturbo nelle relazioni fra Tbilisi e Kiev, superato nel comune orientamento pro-occidentale dei due paesi.

LO SCORSO OTTOBRE, Saakashvili ha attraversato il Mar Nero per entrare clandestinamente in Georgia, dove sperava di fare la differenza alla vigilia delle elezioni locali. La mossa si è rivelata un ulteriore errore risolvendosi nel suo arresto. Se in Georgia la gente è stanca di rivoluzioni colorate e mossa principalmente dalla paura di un ritorno della guerra, quest’ultima esacerba la polarizzazione di un paese già lacerato, creando un contesto politico che offrirà ai due contendenti Usa-Ue e Russia ulteriori appigli per manipolare la situazione a loro favore.

INTANTO, COME NELLE altre regioni ex-sovietiche in cui la UE si è lasciata impelagare da Washington in un confronto con la Russia, la Cina potrebbe essere il vincitore. Nel 2021, la Cina è divenuta la principale destinazione delle esportazioni georgiane, (615,6 milioni di Usd, seguita dalla Russia con 610 milioni di Usd). L’ex-parlamentare Paata Chekurishvili ha creato un caso dichiarando che la nuova congiuntura geopolitica dovrebbe suggerire alla Georgia di far maggiormente leva sul vettore cinese per garantire la propria indipendenza (sottointeso, ciò per cui l’Occidente si è rivelato impotente).