Dal 4 maggio 1919, con « Movimento del 4 Maggio» (Md4m) si indicò il movimento culturale che andò dal 1915 al 1921, definito anche Movimento per la Nuova Cultura, di cui la stessa manifestazione del 4 maggio era figlia. Esso in realtà fu al tempo stesso il punto di arrivo di tutto il fervore culturale che aveva pervaso gli ambienti intellettuali e studenteschi dopo la fallimentare esperienza rivoluzionaria del 1911, e quello di partenza per ulteriori approfondimenti ed elaborazioni sui temi politici, culturali e sociali.

Con questo titolo si indica un movimento rivoluzionario complessivo che andò dal 1915 al 1921: vi fu un Md4m nell’arte, nella letteratura, ma anche nella politica, nell’economia, nella filosofia, in tutti i campi della vita cinese. Ciò che rende particolarmente interessante questo movimento ai nostri occhi è il fatto che esso fu avviato da intellettuali e studenti, che temi artistici e letterari si confusero e mescolarono con quelli sociali e politici. Di fatto, in perfetta sintonia con la totale identificazione tra potere e cultura, propria della tradizione filosofica confuciana. Per questo motivo più tardi è stato definito come la prima rivoluzione culturale cinese.

Mao Zedong nel 1939 in occasione del ventennale del Movimento, pubblica due brevi scritti in cui ne riconosce il valore rivoluzionario, sebbene lo definisca di natura ancora borghese. Ne accenna anche nei «Discorsi sull’arte e la letteratura» pronunciati a Yan’an, sostenendo che un esercito della penna, un esercito che agisse sul fronte culturale, si era andato costruendo dal Movimento del 4 maggio in poi.

Tale fervore culturale nacque proprio sulle ceneri dell’Impero quando erano crollati anche l’ideologia e la cultura che l’avevano determinato e sorretto per quasi due millenni. Al seguito dei cannoni e delle navi da guerra delle potenze colonialiste era penetrato nel paese anche un mondo filosofico, letterario, culturale e scientifico prima completamente sconosciuto. La scoperta di tale mondo ebbe su una parte dei letterati e in seguito soprattutto sui giovani un impatto dirompente al pari di quello che i suddetti cannoni avevano avuto sull’Impero, favorendo la metamorfosi da letterato che, secondo il pensiero confuciano, in virtù della formazione culturale essenzialmente letteraria fruiva del sapere e al tempo stesso era strumento di conservazione e di trasmissione di esso, ad intellettuale moderno.

Nella crisi profonda in cui venne a trovarsi la nascente intellighenzia nei primi anni del ’900, di fronte alla decadenza del proprio paese, si fece strada l’idea che la rinascita della Cina dallo stato di depressione, divisione e colonizzazione in cui era sprofondata poteva avvenire soltanto attraverso il rinnovamento ideologico e culturale. Di questo furono particolarmente consapevoli gli intellettuali che avviarono il processo rivoluzionario diventando i primi sostenitori e divulgatori delle ideologie democratiche e progressiste dell’Occidente, traendo dalla cultura dei paesi invasori linfa vitale per l’elaborazione di una propria nuova cultura. Decenni prima, quando l’Impero già subiva i colpi della penetrazione occidentale, i letterati avevano creduto e sperato di poter colmare il divario tecnico e scientifico con tentativi di ammodernamento dall’interno del sistema imperiale, tentativi che erano tutti falliti miseramente.

Sun Yatsen (1866-1925) e gli artefici della rivoluzione nazionalista del 1911 erano uomini nuovi, intellettuali formatisi alla cultura e alle ideologie occidentali che con la loro azione avevano già divulgato l’idea che la rinascita poteva avvenire solo con un cambiamento totale del sistema di governo fondato su nuove ideologie ispirate proprio da quelle che penetravano al seguito degli stranieri. Ne rimasero fermamente convinti anche dopo il fallimento della prima Repubblica e continuarono ad alimentarsi alle più diverse correnti di pensiero che aveva prodotto l’occidente: l’illuminismo, il darwinismo, il liberalismo, il pragmatismo, l’anarchia, e il marxismo.

Tutto appariva ai loro occhi, per millenni fissati unicamente sul confucianesimo e sulla speculazione filosofica dell’interpretazione dei classici, come nuovo e stimolante, anzi come il nuovo in contrapposizione con la vecchia ideologia confuciana che aveva per secoli retto il sistema basandosi sulla tradizione e sul mantenimento di essa. Gli intellettuali si convinsero quindi ben presto che la loro lotta sarebbe stata la lotta per salvare la Cina dall’oscurantismo e dalle tenebre che avevano portata il paese al collasso politico e sociale causa dell’asservimento agli stranieri.

Alla letteratura fu quindi assegnato il compito di orientare l’ideologia di destinatari ben precisi: i giovani e le donne, che dovevano liberarsi dai rigidi ruoli stabiliti per loro all’interno della società confuciana, e gli oppressi, il proletariato nascente e i contadini che dovevano tutti emanciparsi, uscire dall’ignoranza e quindi essere formati ad una nuova cultura.

Dal 1920 si può dire che gli obiettivi che si erano posti gli iniziatori del Movimento nel 1915 erano stati raggiunti o quanto meno, incalzati dagli avvenimenti politici, così ritennero. In circa cinque anni non solo era stata lanciata la rivoluzione culturale ed artistica ma il ruolo dell’intellettuale di tipo moderno, secondo i canoni occidentali, ormai aveva conquistato agli occhi dei giovani e di più ampi strati di popolazione un ruolo preminente e attrattivo rispetto a quello del letterato confuciano, costituivano un’avanguardia non più elitaria che formatasi ai nuovi saperi e divenuti diffusori di essi di conseguenza lottavano per la nascita di un sistema statale democratico che li rappresentasse.