Contro-ordine, renziani! Oggi gli oltre duemila emendamenti al Ddl scuola al Senato non impediscono di assumere i docenti precari. Basta solo mettere la fiducia e cancellarli con un colpo di spugna. Dopo tre giorni il presidente del Consiglio Renzi ha cambiato ancora una volta idea. Martedì scorso aveva annunciato una conferenza nazionale della scuola dove continuare il suo dialogo unilaterale – cioè parla lui e tutti devono ascoltarlo – con le componenti della scuola. Con la fiducia sul maxiemendamento al cui testo stanno lavorando i relatori al Ddl (Puglisi e Conte), ieri Palazzo Chigi ha bruciato una possibilità a cui nessuno in realtà ha creduto.

L’ultima contorsione di Renzi nel suo letto di procuste è stata giudicata da chi avrebbe dovuto partecipare al suo dialogo immaginario con espressioni che variano dal «decisionismo arrogante» (Scrima, Cisl Scuola) all’«atto di inaudita violenza istituzionale» (Di Meglio, Gilda). Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, parla di «gigantesca e insopportabile presa in giro», mentre Domenico Pantaleo (Flc-Cgil) ricorda che Renzi si sta giocando le sorti del governo sulla pelle dei docenti precari: «Vuole fare approvare una legge impresentabile e incostituzionale e li usa come armi».

La chicca di una giornata che ha segnato un’altra tappa dello sbandamento del renzismo al potere è stata una frase topica pronunciata all’uscita del consiglio di guerra tenutosi ieri a Palazzo Chigi. «È incomprensibile – avrebbe detto uno dei pretoriani del presidente del consiglio – che una parte del sindacato si metta contro il più grande piano assunzionale della storia della repubblica». Un ritornello ribadito in serata dalla vicesegretaria Pd Serracchiani, questa volta contro Camusso e la Cgil. Tutti, ma proprio tutti, i sindacati di categoria (e non solo) sono invece contrari ad una legge ritenuta pericolosa nella parte che riguarda i «presidi manager», liberi di chiamare direttamente i nuovi assunti, deciderne gli aumenti di stipendio, facilitando prevedibili derive clientelari. Assunti, certo, ma bisogna capire a quali condizioni e in che modo lavoreranno questi 100.701 docenti. Il governo li vuole inserire in una burocrazia verticistica e autoritaria, oltre che incostituzionale. Questo ha scatenato l’opposizione anche dei docenti che, pur non essendo iscritti ai sindacati, hanno partecipato allo sciopero generale del 5 maggio (oltre 600 mila) e aderito in massa agli scioperi degli scrutini (l’80%). Sono percentuali bulgare, non proprio le «minoranze» attardate spacciate dalla propaganda del partito democratico.

Con la sua ultima mossa, Renzi si è andato a cacciare in questa situazione: sempre che il Senato non gli voti contro, forse riuscirà ad assumere i docenti precari a settembre, ma non potrà istituire il suo preside. Questa norma entrerà in vigore dal 2017, tempo necessario al governo (sempre che duri) per scrivere le deleghe in bianco che il Senato dovrà votare. Un pasticcio clamoroso. L’unica ragione per affrontarne le conseguenze è un puntiglio ideologico, necessario a dare un segnale dopo avere perso oltre 2 milioni di voti alle regionali. Il problema è che si sta accanendo contro il mondo della scuola che rappresenta la constituency del suo stesso elettorato. Un avvitamento senza scampo.

In questa battaglia i sindacati svolgono un ruolo di ariete, ma dietro di loro percepiscono la presenza di un consenso. Martedì 23, quando la commissione Istruzione al Senato inizierà i lavori per concluderli quasi subito, Cobas, Flc-Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals e Gilda (che ha rivolto un appello al presidente della Repubblica Mattarella a intervenire) presidieranno il Senato tra piazza delle Cinque Lune e piazza Vidoni. La protesta contro il «ricatto di Renzi sulle stabilizzazioni» e un provvedimento «dannoso per i precari» continuerà anche il 24 e il 25 giugno. È certo che il prossimo anno scolastico inizierà con un conflitto aperto: se la riforma sarà approvata, le mobilitazioni continueranno.