Nella seconda «Golden Age» del nostro cinema, negli anni Sessanta, è boom della produzione di genere. Oltre alla commedia all’italiana, lo spaghetti western e l’horror movie, non manca la fantascienza, anche se è restata limitata a una produzione poco numerosa e di serie B che scimmiottava la ben più ricca e tecnologica «Space opera» d’oltreoceano. Gli effetti speciali erano abbastanza poveri pur se a tratti ingegnosi, le trame essenziali e poco innovative mentre spesso si camuffava l’origine autarchica dei prodotti sotto le mentite spoglie di pseudonimi americani.

Non si può qui entrare nell’analisi dettagliata del genere, nato in concomitanza con la competizione spaziale sovietico-americana culminata nell’allunaggio del 1969 e/o al vitalismo utopico seguito alla fine della Guerra fredda. Né si seguiranno le tante declinazioni in cui si è andata articolando la Sf in Italia, dal fanta-horror al mitologico, dal fanta-spionistico alle parodie. Tra tutte le contaminazioni, peculiare è, però, quella che vede un certo numero di film influenzato dagli umori e dagli eventi del biennio 1968/69, con una regia che aspira all’autorialità e in cui l’uso degli effetti speciali o delle scenografie futuribili cede il passo alla critica socio-politica.
Limitiamoci a due parole su quelle che presentiamo a Roma in programma in questi giorni.

Tre sono le opere che avevano anticipato tale tendenza «politico-ideologica», a cominciare da Omicron (1963), scritto e diretto da Ugo Gregoretti e Il disco volante (1964) di un giovane Tinto Brass.
La decima vittima (1965) rappresenta, invece, un caso a sé stante. Prodotto con un certo impegno economico da Carlo Ponti, interpretato dal duo Marcello Mastroianni/Ursula Andress, qui il regista Elio Petri con gli sceneggiatori Elio Flaiano e Tonino Guerra adatta a una Roma di un futuro imprecisato il racconto breve di Robert Sheckley Seventh Victim (1953). Ormai l’aggressività umana si è trasformata in un gioco di società, in una caccia all’uomo legalizzata, assoggetta a semplici regole che fanno d’ogni partecipante, di volta in volta, il cacciatore o la preda.

Si tratta di un film molto notevole che ad oggi resta trai contributi italiani più originali dati al genere (o forse il principale) e che ci offre, in chiave pop e con un superbo impianto visivo, una efficace denuncia del capitalismo e dell’invadenza dei media. Passano tre anni e poi per più di un quinquennio – da H2S, l’anarchica opera seconda di Roberto Faenza del 1968 ma uscita solo nel 1971 dopo una lunga vertenza giudiziaria seguita al sequestro, sino a L’invenzione di Morel di Emidio Greco (1974 dall’omonimo romanzo di Adolfo Bioy Casares) – diverse sono le pellicole che usano elementi fantascientifici per contestare la società dei consumi in consonanza con le suggestioni della rivolta studentesca o delle teorie di Herbert Marcuse.

Sfruttando spunti già presenti nella sua poetica, Marco Ferreri ne Il seme dell’uomo (1969) inscena una metafisica fine del mondo, raccontando il destino di una coppia di superstiti da una misteriosa malattia che ha quasi sterminato l’umanità. Non in un futuro distopico bensì in un preistorico passato mitico è ambientato Sotto il segno dello scorpione di Paolo e Vittorio Taviani, «una fiaba politica sul linguaggio e la comunicazione … gira sulla ricerca degli strumenti per costruire una società che non si rassegna alle vecchie forme e vuole invece andare avanti» (George Sadoul).

L’anno dopo, Liliana Cavani de I cannibali reinventa l’Antigone sofoclea con la sua pietas umanistica in una Milano prossima ventura, disseminata di cadaveri di una rivolta giovanile. Ancora più marcata è l’impostazione antiautoritaria e libertaria nell’apologo di Silvano Agosti N.P. – Il segreto (1971), uno dei film meno noti della presente rassegna: è la storia di un inventore, N.P. appunto, defraudato della sua industria e messo in condizione di non nuocere, che scoprirà come il Governo utilizzi contro la classe operaia una sua invenzione rivoluzionaria per trasformare i rifiuti in cibo.

E per concludere questo rapido excursus, con La torta in cielo (1973, ispirato all’omonimo romanzo di Gianni Rodari) Lino Del Fra ambienta, in modo favolistico- poetico, à la Miracolo a Milano (1951) di Zavattini/De Sica, la rivolta alla Borgata del Trullo di un gruppo di ragazzi contro le autorità guidate da un cattivo comandante guerrafondaio, interpretato da un efficace Paolo Villaggio. Un garbato, efficace messaggio di pace e tolleranza.

Ps. per dovere di completezza, tornando indietro al fatidico anno 1968, non possiamo non ricordare due riuscite opere più inerenti alla fantasy che non alla Sf: l’animazione parodica sul consumismo di Bruno Bozzetto Vip – Mio fratello superuomo e Colpo di stato, la fantacommedia di Luciano Salce in cui si ipotizza una vittoria alle elezioni del Pci sulla Democrazia cristiana. All’epoca, probabilmente per un boicottaggio bipartisan, non trovò né il favore del pubblico né quello della critica – oggi si rivede con occhio piuttosto divertito.