Su Roma, a un secolo dal giorno in cui Mussolini scelse di prendere con un colpo di mano quel potere che i leader liberali non vedevano l’ora di consegnargli con le buone, non vuol calare nessuno. Le camicie nere marciano in compenso sulle librerie con una sventagliata di titoli, come era prevedibile, sia perché il peso della ricorrenza è indiscutibile, sia perché l’editoria e il giornalismo italiani vivono di decennali, centenari e affini.
La dittatura del calendario non giova alla qualità storica dei prodotti, che per lo più aggiungono poco a quel che della marcia era già stato scritto in questo secolo, per esempio da Emilio Gentile nel suo impareggiabile E fu subito regime o da Raffallo Uboldi con La presa del potere di Benito Mussolini che, come cronaca quotidiana dell’ottobre nero, resta insuperato.

LO STESSO GENTILE aveva del resto anticipato l’ondata pubblicando l’anno scorso il primo volume della sua monumentale Storia del partito fascista (Laterza, pp. 705, euro 28), dedicato agli anni tra il 1919 e il 1922.
Il volume più acuto e profondo nella squadra è la raccolta di Scritti e discorsi di Benito Mussolini, scelti e commentati in una corposa introduzione da David Bidussa, di cui Claudio Vercelli ha già scritto su questo giornale il 5 ottobre scorso. Bidussa adopera l’analisi delle cesure nella visione del duce, la disamina delle continuità e degli slittamenti nel suo progetto, per ricostruire non solo la parabola del fascismo ma anche le modalità con le quali il ventennio ha plasmato e formato l’Italia e gli italiani.

Prendendo sul serio Mussolini e il fascismo invece di ridurli a stereotipi, Bidussa marcia in direzione opposta rispetto a Sergio Rizzo e Alessandro Campi, autori di L’ombra lunga del fascismo (Solferino, pp. 414, euro 16.50). Anche loro concentrano il fuoco sulla continuità, nella Repubblica, di un fascismo mai del tutto superato, ma lo fanno muovendosi appena sotto il pelo dell’acqua, ai confini dello scandalismo.
Passano in rassegna fenomeni come l’attenzione permanente dedicata dalla stampa alle vicissitudini della famiglia Mussolini, le strade e piazze dedicate a questo o quel gerarca, la riduzione del fascismo e del suo capo a un regime e a un dittatore bonari. Il risultato è enciclopedico ma, come sempre nello scandalismo, non aiuta a chiarire e tanto meno a capire.

LO STESSO OBIETTIVO, contrastare una vulgata che minimizza la gravità del fascismo, si propone un altro giornalista, Aldo Cazzullo, con Mussolini il capobanda (Mondadori, pp. 360, euro 19). Non è un libro di storia né vuole esserlo. È un pamphlet appassionato che mette infila gli orrori, le violenze, gli assassini di quello squadrismo e poi di quel regime di cui Mussolini fu «il capobanda». L’autore mira soprattutto a manganellare, con una narrazione brillante e ricca di particolari, la favola di un Mussolini quasi inoffensivo, quindi trascura o cita appena elementi storici, di cornice e di quadro, invece determinanti.

LO SQUADRISMO non viene mai inquadrato nel contesto della guerra civile che già squassava il continente, né correlato direttamente all’eredità della grande guerra, come fa invece Marco Mondini nel suo ottimo Roma 1922 (Il Mulino, pp. 290, euro 22).
Sulla resa dello Stato liberale è invece esaustivo Il fascismo giorno per giorno (Feltrinelli, pp. 340, euro 13), antologia di articoli e interventi dell’epoca, dal 1917 al 1922, curata da Giovanni Scirocco con prefazione di Bidussa.
Tra i volumi centrati sulla ricostruzione degli ultimi mesi prima della dittatura, L’anno del fascismo, di Ezio Mauro (Feltrinelli, pp. 240, euro 11.99) raccoglie gli articoli usciti su Repubblica con lo stesso stile asciutto con cui l’ex direttore aveva ripercorso, sempre per Feltrinelli, il 1921 e le esiziali divisioni della sinistra di allora in La dannazione.

Mimmo Franzinelli aggiunge con L’insurrezione fascista (Mondadori, pp. 360, euro 23) un altro tassello alla sua progressiva ricostruzione della storia del fascismo, inclusa una lunga ed essenziale conclusione su un passaggio fondamentale ma solitamente trascurato, la rielaborazione della marcia nell’edificazione della mitologia del regime.
Pino Casamassima, in La marcia su Roma (Baldini e Castoldi, pp. 751, euro 25), è l’unico a spingersi oltre la presa del potere fascista, sino al 1924. Dedica al delitto Matteotti metà del suo voluminoso libro, cercando di dimostrare che l’assassinio del deputato socialista fu in realtà intenzionale, dovuto più che al celebre discorso antifascista a vicende di tangenti e malversazioni finanziarie in cui era implicata anche la corona. Ma in materia molto di più uscirà nel giro di un paio d’anni. Il delitto Matteotti è il prossimo appuntamento: i titoli saranno legione e milizia.