In poco più di 100 giorni, dalla chiusura della Cop 26 sul clima, l’1% più ricco della popolazione mondiale è stato responsabile dell’emissione in atmosfera di circa 1,7 miliardi di tonnellate di CO2. Più di quanto l’intero continente africano, abitato da 1,4 miliardi di persone, ne emetta in un anno.
È l’allarme lanciato da Oxfam in occasione della pubblicazione del nuovo rapporto dell’Ipcc: «Le immani sofferenze denunciate nel report dell’Ipcc, devono essere un campanello d’allarme per tutti. – ha detto Nafkote Dabi, portavoce di Oxfam sui cambiamenti climatici – I più poveri del pianeta subiscono duramente le conseguenze dei cambiamenti climatici, pur non essendone responsabili. Per questo, i paesi ricchi devono farsi carico morale ed economico di sostenere l’adattamento delle comunità più vulnerabili a eventi climatici sempre ormai estremi e imprevedibili». Un bilancio desolante e drammatico, che vede i più ricchi del pianeta continuare a produrre livelli altissimi di emissioni, incuranti di quanto poco manchi per raggiungere il punto di non ritorno, ossia l’aumento delle temperature globali oltre 1,5°C.

Da qui l’appello di Oxfam perché i governi adottino un sistema di tassazione che renda sempre più costoso e non conveniente l’uso di mezzi di trasporto di lusso estremamente inquinanti, come aerei privati e mega yacht. Ad oggi, solo un quarto di tutte le risorse per il clima destinate ai paesi vulnerabili riguarda l’adattamento. L’accordo raggiunto da Cop26, che ne prevede il raddoppiamento a 40 miliardi di dollari entro il 2025, segna un passo in avanti, ma ancora insufficiente. L’Onu stima infatti che per l’adattamento ai paesi in via di sviluppo servano 70 miliardi l’anno.
«A pagare il prezzo più alto sono per esempio i piccoli allevatori della Somalia che hanno visto morire di sete le loro greggi, le famiglie nelle Filippine che hanno perso la loro casa, spazzata via da un ciclone poco prima di Natale», ha aggiunge Dabi.