«In Italia come in Europa si rischia non tanto il ritorno del fascismo storico, quanto una venatura autoritaria che trova le sue radici in idee che ancora vivono nella nostra società». Brando Benifei, classe 1986, è attualmente al secondo mandato a Strasburgo come capodelegazione del Pd nel gruppo dei Socialisti e Democratici.

Lei è tra gli eurodeputati che hanno aderito all’iniziativa del manifesto per il 25 aprile a Milano.
Vediamo in Europa il tentativo di avanzata della destra nazionalista. Il ritorno di una visione neofascista e neonazista va arginato con una grande mobilitazione democratica. Una cosa è certa: fascismo e nazismo in Europa non li vogliamo più. Per questo sarà importante essere a Milano.

Alle elezioni di giugno si presentano partiti che si richiamano più o meno esplicitamente al passato fascista o addirittura nazista. Un motivo ulteriore per dirsi antifascisti?
Certo, e le parole d’ordine dell’antifascismo sono fondamentali ma non bastano. Per renderle attuali e contrastare questi rigurgiti di destra più o meno estrema, la sinistra europea deve proporre risposte ai problemi di oggi: una voce forte per la pace, i diritti, la giustizia sociale. È importante anche lavorare sulla giustizia fiscale, motivo per cui supporto l’iniziativa per la tassazione dei grandi patrimoni in Europa, che è anche un modo per sostenere il Next generation Eu per il futuro.

Ecco, l’Europa sociale è ancora poco visibile, eppure sarebbe fondamentale, non crede?
Il problema è che riguardo alle politiche sociali e del lavoro al momento è tutto in capo agli stati nazionali, ma questo crea uno squilibrio a livello Ue. Quindi potremmo pensare a forme di cooperazione tra chi ci sta, nei 27 paesi Ue, ad andare avanti su questo terreno. Di fronte alle multinazionali allergiche alle regole bisogna agire insieme nell’integrazione economica. Ma se manca il pilastro sociale, si crea frustrazione per il persistere della diseguaglianza, e questo non possiamo più permetterlo.

Ilaria Salis paga in un carcere ungherese il suo antifascismo.
Con il collega europarlamentare Smeriglio, che insieme a me ha firmato l’appello del manifesto, abbiamo portato il padre di Ilaria Salis all’Eurocamera e in Aula si è svolto il dibattito sulla sua situazione. Come ha rilevato la Commissione europea, in un paese come l’Ungheria dove la magistratura non è indipendente dal potere politico, servirebbe un’azione politica su Orbán da parte di chi può farsi ascoltare, perché politicamente vicino. Ma non vedo nessuna determinazione del governo italiano a incidere sul caso Salis.

Cosa resta vivo della Resistenza e come la sinistra oggi può trarre linfa vitale da quei valori senza cadere nella nostalgia?
Il mondo di oggi con il tema democrazia fragile ci porta a considerare sempre attuale la lezione dell’antifascismo storico. Il degrado della democrazia non avviene da un giorno all’altro, ma bisogna saperne individuare i segnali. Dobbiamo essere attenti all’azione del governo nei confronti della stampa e della libera espressione del dissenso, quando le manifestazioni di studenti e cittadini vengono nel migliore dei casi irrise, nel peggiore represse.