Sarà pure una semplice coincidenza, ma come non pensare a qualcosa di più articolato quando sullo schermo del Berlinale Palast scorrono le immagini di Zero Days di Alex Gibney che di fatto indicano in Israele uno dei principali attori, se non il protagonista, della escalation della cyberguerra proprio mentre Bibi Netanyahu, in pellegrinaggio da Angela Merkel, riafferma il legame privilegiato che lega il suo paese alla Germania? Bibi, infatti, è il convitato di pietra del film inchiesta di Gibney perché le responsabilità dell’amministrazione Bush Jr. sono molto più che evidenti. In questo senso Zero Days si offre come un dietro le quinte davvero inquietante, se non addirittura sconvolgente, dell’accordo sul nucleare siglato a Losanna fra Usa e Iran. Mahmoud Ahmadinejad tuona con il suo fare populista che gli ha permesso di assurgere a nuovo santo patrono dei senza scarpe iraniani che di Israele non resterà traccia. Strategie elettorali discutibili, alimentate da risentimento vero, ma che la destra di Israele fa a gara a prendere più sul serio del dovuto. E non a caso si bussa alle porte degli Usa per avere il permesso di bombardare le centrali nucleari iraniane proprio com’era accaduto con quelle irachene.

Un’aggressione all’Iran avrebbe avuto però conseguenze inenarrabili non solo per l’area medio orientale ma il mondo intero. Mossad e Tsahal, nonostante tutto, in nome dell’ossessione securitaria da sempre denunciata dalla sinistra israeliana, sono pronti. Intervengono gli Stati uniti che, per una volta, ci pensano bene a dare inizio a un’altra guerra dall’esito più che incerto. Bisogna trovare un altro modo. E qui il film di Gibney prende quota. Come in un saggio giornalistico cyberpunk, Gibney e i suoi collaboratori tracciano la genesi di StuxNet, un micidiale malware non tracciabile, dal codice quasi impossibile da decrittare, in grado sostanzialmente di infiltrare i sistemi informatici e far aumentare o diminuire la velocità delle centrifughe iraniane con conseguenze disastrose pari a esplosioni nucleari che, stando ai piani, avrebbero eventualmente potuto essere rimproverate solo alla presunta arretratezza tecnologica persiana.

Gibney è abilissimo nel conservare al suo racconto una trasparenza didattica nonostante il film si inabissi in vertiginose profondità cibernetiche degne di un Neuromante andato a scuola dal dottor Stranamore. Inevitabile pensare, di fronte a Zero Days, che Matrix è già archeologia. Già perché stando alla narrazione statunitense, StuxNet doveva servire solo a controllare quel che facevano gli iraniani nelle loro centrali mentre il Mossad avrebbe poi modificato il virus, permettendogli altre funzionalità perdendone però il controllo.

I problemi, infatti, cominciano sul serio, si fa per dire, quando il virus appare in Bielorussia. Come dire: il genio è uscito dalla bottiglia e rimettercelo dentro è impossibile. E prima di essere tacciati di faziosità occorre ricordare che nel film di Gibney nessuno conferma o nega. Un’attrice, trattata come una creazione digitale di William Gibson (i ghost o ologrammi che da Guerre stellari a Strange Days hanno modificato il nostro concetto di persona), diventa l’ipertesto di una serie di dichiarazioni di persone che hanno lavorato a StuxNet permette di capire la reale posta in gioco. StuxNet è solo la maschera del vero programma di cyberguerra: il famigerato NZ (che non è la Neo Zelanda). Tutti tacciono e si rimandano la palla.

L’amministrazione Obama s’è ritrovato una gatta da pelare che per un certo periodo di tempo però ha custodito con grande cura. E così, mentre ancora discutiamo di droni, siamo già passati allo stadio successivo: la guerra cibernetica totale. Da un server lontano basta un clic per staccare la corrente a una qualsiasi città del mondo o a deragliarne il servizio ferroviario. Curiosamente, però, nonostante lo scenario gibsoniano, siamo sempre nei tre giorni del Condor.

E così mentre Bibi rimprovera alle Nazioni Unite il silenzio assordante rispetto alle preoccupazioni di Israele nei confronti dell’accordo iraniano, veniamo a sapere che l’Iran ha già le sue sue cybermilizie, così come la Cina e altri paesi ancora. Adesso siamo nelle mani di nerd vestiti come supereroi che mentre progettano mostruosità come StuxNet costruiscono enormi repliche di Lego della Morte nera. Michael Mann: se ci sei batti un colpo.