Una autonomia approvata col favore delle tenebre, dopo una notte di seduta fiume alla Camera, tra bandiere delle regioni del Nord che sventolano dai banchi della Lega. A dimostrare il carattere di parte di una riforma nata in casa leghista come surrogato della secessione. Non a caso il governatore veneto Zaia parla con enfasi dell’«alba di un giorno storico». E il collega lombardo Attilio Fontana spiega che «ora la Lombardia potrà correre» e già annuncia che chiederà le competenza ulteriori su sanità e ambiente, e poi professioni e commercio estero. «Mi tremano le gambe per l’emozione», confida il ministro Calderoli, vero regista dell’operazione.

«CAMBIATE IL VOSTRO NOME di in “Brandelli d’Italia” o “Fratelli di mezza Italia” visto che la state spaccando, vergogna”, dice Elly Schlein nella sua dichiarazione di voto all’alba. «Il partito di Meloni si piega al sogno secessionista della Lega, meno male che diceva di non essere ricattabile». E Nicola Fratoianni aggiunge: «La destra non ha avuto il coraggio di approvare questa legge alla luce del sole: è cinicamente e consapevolmente lo strumento che spaccherà il Paese, aggraverà le disuguaglianze e peggiorerà la condizione di vita di milioni di italiani». Duri anche i 5S, che sventolano tricolori e cantano l’Inno di Mameli: «Avete violentato il Parlamento, una violenza squadrista che abbiamo visto anche nell’attacco a un nostro collega (il deputato Donno, ndr), che aveva portato un tricolore al ministro Calderoli».

I NUMERI DEL VOTO segnalano tutte le difficoltà della maggioranza: solo 172 i sì, 99 i contrari e un astenuto. Sotto la maggioranza assoluta di 200 deputati. L’epicentro del dissenso interno è Forza Italia: in 14 non partecipano al voti, altri 8 sono in missione, alla fine non vota circa la metà dei forzisti. I tre calabresi compatti non l’hanno votata. E il governatore di Fi Roberto Occhiuto benedice la loro scelta: «Non so se i minimi vantaggi elettorali che il centrodestra avrà al Nord, compenseranno la contrarietà e le preoccupazioni che gli elettori di centrodestra hanno al Sud. Questa norma andava maggiormente approfondita: temo che il centrodestra nazionale abbia commesso un errore, del quale presto se ne renderà conto».

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Salvini lo fulmina: «Chi è capace, non ha nulla da temere, Occhiuto si rilegga la legge e il programma del centrodestra». Critico anche il presidente della Basilicata Vito Bardi, anche lui di Fi: «Sono perplesso sull’accelerazione che si è voluta imprimere, il testo poteva essere migliorato». E avverte: «Non si potranno ratificare intese tra Stato e Regioni senza prima aver quantificato e finanziato i livelli essenziali delle prestazioni». Più contenuto il dissenso dentro Fdi: tra missioni e assenze non hanno votato in 26. E del resto Meloni ha benedetto il patto con la Lega, nonostante 10 anni fa volesse abolire le regioni: «Più autonomia, più coesione, più sussidiarietà».

DURE CRITICHE ANCHE dalla Chiesa: «Sull’autonomia abbiamo fatto un documento ufficiale, quello che dovevamo dire lo abbiamo detto, si vede che non ci hanno preso sul serio, che dobbiamo fare?», dice il presidente della Cei Matteo Zuppi. Il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin avverte: «La riforma sia attuata in maniera tale da non creare ulteriori squilibri, differenziazioni e sperequazioni tra una parte e l’altra dell’Italia».

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LE OPPOSIZIONI, DOPO IL successo della piazza di martedì contro autonomia e premierato, si preparano alla prima battaglia referendaria, quella contro l’autonomia, che è già definitvamente approvata. «Il Pd, insieme alle altre opposizioni, ai movimenti e alla società civile, è pronto a raccogliere da subito le firme per un referendum contro lo Spacca Italia», dice il capogruppo al Senato Francesco Boccia. «Mettiamoci subito al lavoro per costruire l’ipotesi referendaria», sprona Riccardo Magi di +Europa, che chiede al governo di rendere utilizzabile la piattaforma per le firme digitali.

Nonostante la loro assenza martedì nella piazza del No alle riforma della destra, anche Azione e Iv si dicono pronte alla mobilitazione. «Chiederò alle oltre 200mila persone che hanno messo il mio nome sulla scheda delle europee di firmare il referendum abrogativo contro l’autonomia», dice Matteo Renzi. «È un provvedimento che non serve al nord e che fa male al sud. Una follia istituzionale». Così anche Calenda: «Pronti a unirci alla battaglia referendaria». Sulla carta è una battaglia che le minoranze possono vincere. Ma nel caso dell’autonomia, che è una legge ordinaria, c’è il problema del quorum del 50% degli elettori da raggiungere. Mentre la riforma costituzionale del premierato non prevede quorum nel referendum.

Il presidente del consiglio regionale della Toscana, Antonio Mazzeo (Pd) dice che chiederà ai presidenti delle altre 4 regioni governate dal centerosinistra di promuovere il referendum contro una legge che «rischia di creare 20 piccole italie diverse e tutte più deboli».