La seconda riunione del fronte contrario all’autonomia differenziata (la prima si era tenuta lunedì scorso) è servita a sciogliere alcuni nodi operativi su quesiti referendari e campagna per la raccolta firme. Sindacati (Cgil e Uil), partiti dell’opposizione e diverse associazioni come Anpi, Arci e Acli, hanno convenuto ieri sulla necessità di presentare un solo quesito abrogativo totale della legge Calderoli e non anche un secondo che cassasse solo gli articoli puramente procedurali e di avviare anche la raccolta firme digitale. Il quesito verrà depositato la prossima settimana. Alle regioni poi spetterà l’altra partita referendaria, con i quesiti di abrogazione parziale, sempre che l’Emilia Romagna del dimissionario Bonaccini (eletto a Strasburgo e quindi incompatibile) riesca ad unirsi alle altre quattro regioni governate dal centro sinistra Campania, Puglia, Sardegna e Toscana, nella rischiesta.

La decisione ieri nella sede della Cgil di procedere con un unico quesito è funzionale ai tempi ristretti per raccogliere 500 mila firme e autenticarle. In base alla legge attuativa del 1975 le firme devono essere depositate in Cassazione entro il 30 settembre in modo che la consultazione popolare possa svolgersi tra il 15 aprile e il 15 giugno del 2025. Ci sono quindi meno di 60 giorni, nel pieno della stagione estiva, per raccoglierle e i tradizionali banchetti potrebbero non essere sufficienti. «Bisogna costruire con i tempi giusti una macchina organizzativa solida» ha spiegato il responsabile riforme del Pd, Alessandro Alfieri. Di conseguenza tutte le realtà aderenti al comitato promotore del referendum hanno deciso di attivare anche una piattaforma digitale privata di raccolta firme. Intanto si mobiliteranno anche per l’avvio di quella pubblica e gratuita, come da anni chiede il deputato di Più Europa Riccardo Magi.

La piattaforma era stata prevista da uno dei decreti ristori di epoca covid ma, dal 2021 ad oggi, non è mai stata attivata. «Un ritardo che nasconde una volontà politica, non certo una questione di carattere tecnico e questo è inaccettabile», spiega Magi. Il ministero della Giustizia, da cui dipende l’avvio del sistema di raccolte firme digitale statale è stato rinviato in questi anni con motivazioni spesso pretesuose. «Tre giorni fa mi ha scritto che sono in attesa di un parere del garante della privacy, che invece già c’è», racconta il deputato radicale che ha chiesto ora un incontro urgente con il guardasigilli. «È evidente che l’esecutivo Meloni sta rallentando l’attivazione della piattaforma per timore delle consultazioni referendarie che smonterebbero le due riforme madre della destra: autonomia e premierato – attacca Magi – Si tratta di un gravissimo sgambetto antidemocratico: Meloni, Nordio e Mantovano attivino la piattaforma ed escano dall’illegalità».

Il tema non è solo economico ma politico. Le piattaforme di questo privare funzionano, come i recenti quesiti sulla cannabis hanno dimostrato, ma hanno un costo: in media di 1,5 euro a firma.

A conti fatti agevolare la partecipazione dei cittadini, che potrebbero firmare in ogni momento e con qualsiasi dispositivo attraverso Spid senza cercare i banchetti, costerebbe almeno un milione di euro. Da moltiplicare poi nel caso di quesiti multipli. Una cifra onerosa anche per le organizzazioni più strutturate, come la Cgil. Ecco perché è stata fatta la scelta di proporre ai cittadini un unico quesito, la necessità è massimizzare gli sforzi. Intanto il fronte contro l’autonomia sta provando ad allargarsi. «Si sta lavorando alla costituzione di un comitato promotore il più ampio e trasversale possibile, cui far partecipare tutte le forze, le associazioni e le personalità che condividono l’obiettivo di fermare un’Autonomia differenziata destinata ad aumentare, inevitabilmente, i divari territoriali e le già insopportabili diseguaglianze a tutte le latitudini, compromettendo le prospettive di crescita e di coesione sociale dell’Italia intera». Al momento sono in campo Pd, M5s, Avs, + Europa. Azione sta ancora valutando se partecipare formalmente al comitato referendario o se dare solo una indicazione di voto favorevole al referendum quando sarà indetto.