Nelle sue prime 72 ore in carica Joe Biden sembra essere rimasto seduto praticamente tutto il tempo a un tavolino dell’Ufficio ovale, per firmare i decreti immediatamente esecutivi che smantellano gli aspetti più odiosi del trumpismo, in particolare la criminale negligenza nell’affrontare la pandemia.

Sicuramente le immagini che ce lo mostrano con una pila di documenti da firmare alla sua destra e la vicepresidente Kamala Harris dietro di lui continueranno ad arrivare anche nei prossimi giorni, ma il lavoro è molto e il tempo è poco. Biden è entrato in carica con un orologio che ticchetta.

Il momento della verità arriverà l’8 novembre 2022, quando si voterà per le elezioni di metà mandato di Camera e al Senato, a cui i Democratici si presenteranno con una maggioranza che non potrebbe essere più fragile. Nella tradizione politica americana, poi, il midterm tipicamente fa a pezzi il partito di governo.

Questo dà ai democratici meno di due anni per governare: ventuno mesi e mezzo per dimostrare che il sistema politico americano può funzionare e che Donald Trump è stato una pazzia che non deve essere ripetuta.

I numeri sono implacabili: il Senato è diviso esattamente a metà, 50 e 50, quindi per sbloccare qualsiasi provvedimento, anche di ordinaria amministrazione, occorrerà il voto della vicepresidente Kamala Harris. Ma qualsiasi legge significativa incontrerà l’ostruzionismo dei repubblicani, per superare il quale occorrono 60 voti, una soglia quasi impossibile da superare.

Questa è il problema che la maggioranza democratica deve affrontare: se fallisce o vacilla, aprirà la porta al ritorno del trumpismo, o di qualcosa di simile, già nel 2022, a cui seguirà un candidato repubblicano che potrebbe essere peggiore di Trump nel 2024. Per evitare questa catastrofe Joe Biden non può semplicemente difendere il sistema politico attuale, iniquo e inefficiente, deve ricostruirlo: sarà l’uomo adatto a un compito così gigantesco?

Nei discorsi di queste ultime settimane si è molto parlato di “unità” in un paese mai così diviso e così diseguale, dimenticando che i populisti non crescono solo a causa del malcontento socioeconomico. Il trumpismo si nutriva di un governo percepito come lontano inefficace e il suo fascino era che Trump prometteva di sostituirlo con un governo efficace installando un potere autocratico per “prosciugare la palude di Washington”, lo slogan favorito del gangster alla Casa bianca.

I democratici hanno deriso e combattuto il suo autoritarismo, ma non hanno mai preso veramente sul serio il terreno su cui la voglia dell’Uomo Forte era cresciuta. Il sistema di governo americano non solo sta lasciando troppi problemi irrisolti e troppe persone disilluse ma letteralmente abbandona milioni di cittadini americani alla disperazione e alla miseria.

Non è un mistero che Congresso e presidenza siano ostaggio delle corporation e che il federalismo, insieme alle regole arcaiche, sia una eccellente ricetta per la paralisi.

Il 3 novembre scorso gli americani hanno dato ai democratici un’altra possibilità. Per evitare il fallimento hanno però il dovere di aiutare le persone velocemente e visibilmente. Il partito repubblicano trumpista deve essere sconfitto nel 2022 e nel 2024 non gli si può permettere di tornare maggioranza a causa di un fallimento democratico.

Il piano di salvataggio da 1.900 miliardi di dollari annunciato da Biden è pieno di proposte che effettivamente cambierebbero la vita dei cittadini: dai contributi supplementari di 1.400 dollari per alleviare le difficoltà economiche create dal Coronavirus ai congedi pagati e al tentativo di vaccinare 100 milioni di americani nei prossimi 100 giorni che, si spera, dovrebbe permettere di riprendere una parvenza di vita normale.

Ma nessuno di questi disegni di legge troverà una maggioranza in un Senato in cui domina l’ostruzionismo. E questo chiarisce la vera questione: senza una mobilitazione di massa e un cambiamento delle regole di funzionamento del governo i democratici falliranno di nuovo, com’è accaduto nel 2010, quando hanno perso la maggioranza alla Camera, appena due anni dopo la vittoria apparentemente trionfale di Obama.

Per decenni hanno dimostrato di essere più impegnati a preservare lo status quo del sistema politico che a mantenere le loro promesse agli elettori. Se Biden sceglierà di nuovo questa strada, già percorsa come vicepresidente fra il 2008 e il 2016, perderà ogni presa sul Congresso e sarà anche lui un fallimento.

La lezione del principale successo di Obama, l’Affordable Care Act dovrebbe essere chiara: la legge è riuscita a fornire assicurazioni sanitarie su larga scala solo quattro anni dopo la sua approvazione. Una legge più semplice, più veloce e più generosa sarebbe stata una politica migliore e forse avrebbe contribuito a salvare Hillary Clinton nel 2016.