In una città stremata dai 14 lunghissimi anni di crisi della sua principale fonte di reddito, hanno avuto l’effetto di una scossa tellurica le dichiarazioni di Sajjan Jindal, rilasciate al Financial Times, sull’intenzione del magnate indiano di disfarsi degli stabilimenti siderurgici di Piombino e nel Texas, per investire nel settore edilizio. Una notizia che molti temevano e non pochi si aspettavano, visto che nei quattro anni di gestione delle Acciaierie poco o nulla era stato fatto dalla Jindal Steel Italy per far tornare in vita quello che era il secondo polo siderurgico della penisola.

Immediata la reazione dei sindacati metalmeccanici. Le segreterie provinciali di Fiom Fim e Uilm, e le Rsu di Jsw Piombino Logistic e Gsi, hanno subito telefonato a Marco Carrai, braccio destro di Jindal in terra toscana. Carrai ha smentito verbalmente la cessione, ma i sindacati hanno chiesto una smentita ufficiale e scritta “che al momento ancora aspettiamo”. Di qui la pressante richiesta alle istituzioni locali e alla politica di un incontro urgente e chiarificatore al ministero dello Sviluppo economico.

Sulla stessa linea il sindacato di base Usb, peraltro da tempo ben più scettico sulla reale volontà della multinazionale siderurgica di investire sulle Acciaierie: “Abbiamo a più riprese sostenuto la necessità di cacciare Jindal, soggetto che per quanto riguarda Piombino non ha mai rispettato un accordo e si è ben guardato dal presentare un piano industriale, in un quadro in cui per anni ha succhiato ammortizzatori allo Stato e sangue e sudore ai lavoratori”.

Al tempo stesso l’Usb punta l’indice contro l’inerzia che, da anni, contrassegna l’operato degli esecutivi nazionali che si sono succeduti dal 2018 ad oggi: “E’ ancora più inaccettabile il silenzio del governo dopo questo annuncio, e l’assenza di una discussione con le organizzazioni sindacali che si sono unite per difendere lo stabilimento e il futuro di Piombino, nonché quello della siderurgia in Italia”. Chiaro il riferimento all’ultima, riuscita manifestazione in difesa del lavoro, di appena una settimana fa, indetta congiuntamente da sindacati confederali e di base.

Sul fronte politico l’intervista di Jindal al Financial Times ha allarmato il Pd, che ha chiesto al ministro Giorgetti di riferire in Parlamento. “Serve un intervento immediato del governo – ha spiegato la segretaria toscana dem Simona Bonafè – oggi più che mai la produzione di acciaio è un patrimonio, e può essere motore per una ripresa complessiva dell’area e della costa toscana”. Anche Nicola Fratoianni di Si chiede di conoscere il destino delle Acciaierie: “E’ ora che il governo, e per primo l’ineffabile ministro Giorgetti, vengano a dire la verità su questa vicenda, che si trascina ormai da troppi anni”.

Come annotato dall’associazione Camping Cig, in città lo scetticismo era aumentato a dismisura dopo che, due settimane fa, Carrai aveva presentato a sorpresa al Mise una bozza di piano industriale. Una mossa giudicata dai sindacati e dal sindaco Ferrari come fumo negli occhi, solo per ottenere una commessa decennale e miliardaria di Rete ferroviaria italiana per la produzione di rotaie.

Sulla carta Rfi doveva procedere all’assegnazione entro il 5 maggio, invece nulla si è mosso. “Dopo l’annuncio di Jindal – avvertono ora gli operai – sarebbe inaccettabile che una proprietà ormai in fuga si aggiudicasse una commessa tanto sostanziosa da Rfi senza alcun vincolo o responsabilità”. Identico il giudizio di Ferrari: “In assenza di vincoli e obblighi su investimenti, tempi di attuazione e bonifiche, l’assegnazione della commessa sarebbe davvero una scelta scellerata”.