«Non appena avremo la certezza di avere i voti necessari, accoglierei con molto favore una decisione del governo di mettere la fiducia sullo ius soli prima della fine di questa legislatura». E’ da poco passato mezzogiorno e il senatore Luigi Zanda prova a riaprire i giochi sulla riforma della cittadinanza. A spingere il capogruppo del Pd al Senato sono le parole pronunciate poco prima da Denis Verdini durante l’intervento per la dichiarazione di voto sul Rosatellum. «Fosse per me voterei lo ius soli anche domani mattina», aveva detto il fondatore di Ala ricordando come il suo gruppo abbia già permesso in passato l’approvazione delle unioni civili e, nel caso, sarebbe pronto a schierarsi anche a favore del testamento biologico.

Di fatto le parole del senatore ex berlusconiano sono state una rivendicazione di appartenenza alla maggioranza e pongono l’asticella ben oltre il generico «prendiamo i voti dove ci sono» confidato ai suoi nei giorni scorsi dal premier Paolo Gentiloni. Così come, piaccia o no, è un dato di fatto che i 14 senatori di Ala hanno dimostrato da tempo di essere allineati ai programmi del governo più degli alfaniani di Ap, almeno per quanto riguarda i diritti civili. Lo sa anche Pierluigi Bersani, che infatti sta bene attento a non chiudere nessuna porta: «Sono pronto a votare la fiducia sullo ius soli anche con Verdini» si affretta a far sapere il leader di Mdp.

Improvvisamente, dunque, lo scenario sembra cambiare di nuovo. Ma è davvero così? «E’ la quarta volta che Zanda chiede la fiducia, poi però si trincera sempre dietro la frase ’stiamo contando i voti’. Ormai non ci credo più», smorza gli entusiasmi la capogruppo di Sinistra italiana Loredana De Petris. Che prima dei voti, fa i calcoli sul tempo rimasto a disposizione. «Martedì comincia l’esame della legge di bilancio, che proseguirà fino al 25, 27 novembre. Se tutto va bene si potrebbe votare la fiducia solo ai primi di dicembre. Vedremo».

Il calendario non sarebbe però l’unico ostacolo sul percorso della legge. La tentazione di modificare il testo per recuperare gli alleati di Ap sarebbe infatti ancora forte all’interno del Pd, tanto che l’argomento ieri avrebbe tenuto banco tra i senatori dem presenti in commissione Affari costituzionali. Ritocchi che potrebbero andare dall’obbligo per entrambi i genitori stranieri (e non più solo per uno come previsto adesso) di avere un permesso di soggiorno di lungo periodo, alla cancellazione della parte riguardante lo ius soli per lasciare solo quella relativa allo ius culturae. In questo modo si recupererebbero i voti dei 24 senatori di Ap che potrebbero essere sufficienti insieme a quelli di Pd, verdiniani e Gal a far passa la legge senza più dipendere da Mdp e da Sinistra italiana, favorevole finora a votare un fiducia di scopo a patto che non si tocchi la legge.

Per poter mettere mano al testo, però, sarebbe necessario aprire la discussione in aula almeno per un giorno, il tempo necessario ad approvare gli emendamenti con le modifiche, rischiando di offrire a Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia un’insperata platea pochi mesi dalle elezioni. «Aspettiamo e vediamo», commenta la senatrice Cecilia Guerra, capogruppo di Mdp al Senato. «Di sicuro le modifiche peggiorerebbero la legge, ma adesso è ancora presto per ipotizzare qualsiasi decisione».

«Dovranno passare sul mi cadavere», minacciava ieri il leghista Roberto Calderoli al solo sentir parlare di fiducia sullo ius soli, mentre il leader del carroccio Matteo Salvini su twitter ricordava come, con le 202 mila cittadinanze concesse nel 2016, l’Italia sia il paese «più generoso». Per concludere con un «Chi vuole lo ius soli odia gli italiani». Nessuna apertura anche da Alternativa popolare. Voglio dire chiaramente al Pd che ci ritenta anche oggi – twitta il coordinatore Maurizio Lupi – che la fiducia sullo ius soli se la scorda. Ap non la voterà mai»