Potenti e asciutte, tanto prive di retorica quanto profonde nel senso che sanno rappresentare della storia dell’antifascismo e della Resistenza. Così si presentano le tre vite partigiane di Antonio Paglino, Nunzio Guerrini e Aulo Formigoni ricostruite nel bel libro di Filippo Colombara, Contro lo stato di cose presenti. Tre storie di gente non comune 1921-1945 (Edizioni Ets, pp. 24, euro 11, 40).

IL VOLUME SI COLLOCA nella collana Verba manent, curata dal direttore degli Archivi della Resistenza di Fosdinovo Alessio Giannanti e dallo stesso Colombara, e restituisce le traiettorie biografico-politiche di tre uomini «semplici e comuni» che operarono scelte nient’affatto tali durante il ventennio fascista e la Seconda guerra mondiale.

Le loro storie e le loro scelte non furono comuni innanzitutto perché appartennero a quella, dapprima esigua e poi vasta, minoranza che decise di non piegarsi al regime ed alla sua guerra. Questo li differenziò irriducibilmente dalla larga maggioranza del Paese che, pur resa succube dalla dittatura, non ebbe la forza di rovesciare Mussolini né di esprimere un’opposizione di massa al fascismo quantomeno in grado di accelerarne la crisi interna che, al contrario, venne «gestita» dall’alto dalla monarchia e dagli stessi gerarchi fino al 25 luglio 1943. Le storie di Paglino, Formigoni e Guerrini restituiscono, inoltre, le molteplici dimensioni storiche del movimento antifascista. In radice accomunati dall’origine locale della provincia piemontese, i tre dispongono le loro singole storie lungo le estese diramazioni internazionali del movimento di Liberazione.

NUNZIO GUERRINI, operaio perseguitato in Italia per le sue idee comuniste e sovversive e costretto all’espatrio, raggiungerà la Spagna per arruolarsi nelle brigate Garibaldi e combattere contro l’aggressione franchista alla Repubblica di Madrid. Cadrà nella più celebre delle battaglie a Guadalajara nel marzo 1937. Al seguito della barella che trasporterà il suo corpo, colpito da una bomba nemica, ci sarà l’ispettore delle Brigate Internazionali, Luigi Longo.

Antonio Paglino, operaio novarese, «è stato considerato – scrive Colombara – l’antifascista italiano che per il numero di anni trascorsi in carcere e confino pagò più di tutti». In prigione dal 1921 al 1928 fu trasferito al confino politico dal 1938 al 1943 ed infine deportato nel campo di concentramento di Mauthausen dal 1944 al 1945 da dove tornò vivo alla fine della guerra ottenendo la qualifica di partigiano del Comando della Valsesia. Paglino non cedette mai a torture, interrogatori e prigionia non solo perché, come disse, «delle spie non so che farmene», ma soprattutto per quella ostinata convinzione ideale che lo portò sempre al lavoro politico clandestino nel partito comunista anche negli anni duri dell’isolamento e del consenso al regime.

L’esperienza del giovane studente Aulo Formigoni è invece raccolta giorno per giorno (dalla «scelta» partigiana alle azioni di guerra fino ai sentimenti di paura e speranza nel futuro) nel suo Diario pubblicato postumo nel 1945 sul giornale del Psi Il Lavoratore. Un testo armonizzato da Colombara secondo una riuscita declinazione di «grande e piccola storia» che giunge fino a poco prima della battaglia per la difesa della zona libera dell’Ossola del settembre 1944 dove Formigoni trovò la morte dopo essere caduto, ferito, nelle mani delle Brigate nere che non mancarono di far ritrovare il suo corpo straziato e torturato.

TRE STORIE INTERNE alla dimensione della Resistenza di allora e assolutamente straordinarie di fronte al nostro tempo presente. Collocate in una profondità valoriale che rappresenta il carattere d’insieme di questo meritevole libro.