Si chiama IT.A.CÀ, che nel dialetto bolognese vuol dire Sei a casa?, è il festival itinerante del turismo responsabile (www.festivalitaca.net) che invita a scoprire luoghi e culture in maniera inclusiva e sostiene l’idea di un turismo etico e rispettoso dell’ambiente. Questo modo di intendere il «viaggiare» è stato premiato nel 2018 dall’Organizzazione mondialedel turismo dell’Onu per l’eccellenza e l’innovazione. Il festival – declinato in varie tappe in giro per l’Italia, da Nord a Sud, tra maggio e metà ottobre – ha coinvolto quest’anno undici regioni e «in tutte è stato lanciato un focus proprio su questo modo di vivere il turismo. Non possiamo più far finta di niente di fronte ai cambiamenti climatici. Ecco quindi spiegata l’importanza di dare voce alle comunità che appartengono ai territori che attraversiamo con IT.A.CÀ», afferma Sonia Bregoli, co-founder del festival e attivista per la sostenibilità e la responsabilità del turismo.

BISOGNA FERMARSI, RAGIONARE, PROGETTARE insieme quale tipo di turismo fa bene alle comunità – prosegue – e al cittadino che è il primo turista di quel territorio. I grandi numeri incidono sull’ambiente e portano inquinamento». Il tema di questa 15 edizione del festival itinerante è stato Tutta un’Altra Storia, che poneva l’accento sul particolare valore che può avere per il turista farsi raccontare i territori in cui si reca direttamente dalle comunità che ci vivono. Lo abbiamo toccato con mano nella tappa dell’Ogliastra, una regione nella costa orientale della Sardegna, fiancheggiata dal mare, protetta dai monti Tacchi e dal Gennargentu.

UNA MONTAGNA CHE PERÒ SI STA, ANNO DOPO ANNO, spopolando e per questo deve essere oggetto di un’attenta salvaguardia offrendo opportunità di lavoro ai giovani che decidono di rimanere. La tappa ogliastrina si snodava nei comuni di Lanusei, Arzana e Villagrande Strisaili dove la narrazione del territorio è strettamente legata alla sinergia tra ambiente e comunità locali con i racconti degli anziani che in questa zona godono di una invidiabile longevità. Qui, infatti, siamo in una delle cinque Blue Zone del mondo, aree con la maggiore concentrazione di centenari. Le altre quattro zone si trovano nell’isola di Okinawa (Giappone), Nicoya (Costa Rica), Icaria (Grecia) e Loma Linda in California (Stati Uniti). Un aiuto al turismo arriva dalla storia della Sardegna, spesso poco conosciuta dai viaggiatori.

È COSÌ CHE A GIUGNO DI QUEST’ANNO IL COMUNE di Lanuesi ha aperto il parco tematico storico-archeologico Nur Archeopark (www.tombedeigiganti.it/nur-archeopark/), collocato all’interno di un bosco di lecci a poca distanza dall’area archeologica del Bosco Seleni, costituito dal nuraghe Gennacili, attorniato da un agglomerato di circa 200 capanne e mura difensive e da due tombe di giganti. Attraversare con una guida il Nur Archeopark vuol dire immergersi nella misteriosa civiltà Nuragica con riproduzioni a dimensione reale di edifici e monumenti dell’antichità sarda. Un modo coinvolgente di ripercorrere le tappe della preistoria e della storia antica di questa terra.

ATTRAVERSO IL FESTIVAL IT.A.CÀ SI È VOLUTO ANCHE presentare un mondo agricolo in evoluzione, sempre più attento alla salvaguardia delle tradizioni e dell’ambiente, anche grazie all’impegno del Gal Ogliastra. Il turismo rurale diventa perciò un motore importante per attirare nell’entroterra i tanti turisti che d’estate affollano le spiagge. Un esempio viene da Vincenzo Loi, 39 anni, pastore e titolare dell’agriturismo didattico Sa Ferrela ad Arzana. Come è tradizione porta le sue pecore da valle ai pascoli montani e viceversa. Oggi la transumanza di Vincenzo vede la partecipazione dei turisti o meglio di nuovi «viaggiatori». Una camminata di 12 chilometri al seguito del gregge per apprendere come avviene la migrazione delle greggi, ma anche per conoscere le produzioni agricole tipiche.

TRADIZIONI CHE RIVIVONO IN QUESTA PARTE della Sardegna anche grazie a Nicola Mighela, 29 anni. A Villagrande Strisaili produce ancora a mano per i pastori le scarpe di pelle bovina rasata. Ne fa un paio al giorno. «Faccio questo perché voglio restare qui», afferma con orgoglio. «Voglio vivere qui e questo lavoro mi dà delle soddisfazioni». Tradizione, ma anche attenzione alla terra e al pianeta. A Franca Cabras, titolare della fattoria Nuraghe Murtarba a Villagrande Strisaili, questo è ben chiaro tanto che ai suoi ospiti fa mettere a dimora un albero che oltre a riportare il nome scientifico e quello sardo vi è anche quello della persona che lo ha piantato.

Perché questo? «Oltre a fare la contadina per il mio sostentamento, voglio far toccare con mano, sentire, la terra a chi viene in azienda», afferma Cabras. «Per questo faccio piantare un albero. Potrei farlo io per loro, ma questo non è giusto. Chi si sporca le mani per fare una buca per poi metterci la piantina lascia una impronta che gli rimarrà dentro. Ha sudato e forse si è anche graffiato. Visto che di impronte brutte ne stiamo lasciando tante sul pianeta, questa è una buona». E ancora: « Il turista poi mi scrive per avere le foto della fioritura o dei frutti. Nasce così un legame con la terra, più che con me. In molti ritornano a vedere la pianta o magari a raccoglierne i frutti, ma quel che conta è che hanno lasciato un’impronta».

MA C’È ANCHE LA STORIA DI STEFANIA SULIS che ha trovato il modo di rimanere sulla sua terra dando vita al Frutteto Gennargentu a Villanova Strisaili. Da dieci anni coltiva mele – favorita nella lotta ai parassiti da un clima poco piovoso e ventilato – e ciliegie. Tradizioni, ma anche novità al festival di IT.A.CÀ sempre nel segno dell’ecosostenibilità. A Lanusei si sta cercando di portare il ferrociclo, vélorail in francese, da dove proviene. Si tratta di un veicolo a pedali, assimilabile a una bicicletta, che utilizza i binari di una vecchia ferrovia. Questo consente di scoprire un territorio e il suo paesaggio, nonché ponti o viadotti da un punto di vista unico. «Per il momento quello visto da noi durante il festival è solo un prototipo, siamo ancora in una fase sperimentale. Speriamo che presto possa diventare realtà», afferma Francesca Loi, assessora al turismo di Lanusei.

«Nonostante vi sia già una legge sulle ferrovie turistiche, non abbiamo ancora le autorizzazioni per utilizzare la linea ferroviaria», spiega Jluc Madinier di Sardaigne en liberté tra i promotori dell’iniziativa. Il ferrociclo, vélorail, lo si può trovare da più di trent’anni in Germania, Danimarca, Polonia, Grecia, Portogallo, ma in particolar modo in Francia che vanta più di 64 reti che nel 2022 hanno totalizzato 590 mila viaggiatori (un milione in tutta Europa), come ha ricordato durante il festival Jean Paul Austry, rappresentante della federazione francese dei vélorails che raggruppa 63 gestori che operano su oltre mille km di linee turistiche.