Sono ore di grande confusione a Beirut, tra notizie e smentite. Dopo le sette di sera locali è risuonata una fortissima esplosione nella Dahieh, periferia a sud di Beirut a maggioranza sciita, roccaforte nella capitale di Hezbollah: è stato colpito l’ultimo piano di un palazzo nei pressi dell’ospedale Bahman, nel quartiere di Haret Hreik, centrato da un drone israeliano.

Subito dopo l’impatto, centinaia di abitanti del quartiere si sono riversati in strada, tra la paura e la curiosità di capire quale fosse stato l’effetto della tanto attesa e temuta ritorsione israeliana nei confronti di Hezbollah, dopo la morte sabato di 12 tra bambini e adolescenti nell’esplosione di un razzo a Majdal Shams, nel Golan siriano occupato.

La notizia che inizia a girare è che Fouad Shukr, numero due dell’ala militare di Hezbollah, è stato ucciso. «Il comandante responsabile dell’uccisione dei bambini a Majdal Shams è stato ucciso a Beirut», annuncia il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari su X subito dopo l’esplosione.

Per Haaretz «l’obiettivo dell’attacco israeliano a Beirut è Fouad Shukr, conosciuto anche come Hajj Mouhassin (…) considerato il numero due di Hezbollah e responsabile delle operazioni militari dell’organizzazione». Sempre su X la brevissima rivendicazione di Gallant, ministro della difesa israeliano: «Hezbollah ha attraversato la linea rossa». Notizie poi smentite dalla Reuters e da fonti interne di Hezbollah meno di un’ora dopo. Hajj Mouhassin morto o vivo non è il punto: colpisce l’approssimazione con cui viene da subito data la notizia da fonti governative israeliane – non solo dai giornali -, mettendo in evidenza la grande fretta di chiudere la partita prima ancora di avere notizie certe e una irrequietudine da parte del governo e dell’esercito israeliano.

Alle 10 di ieri sera non era nemmeno chiaro il numero dei feriti, mentre sarebbero due o tre i morti, tra loro una donna. L’uccisione di Shukr avrebbe dovuto rappresentare il secondo e importantissimo colpo messo a segno nella capitale libanese dall’inizio di questo conflitto l’8 ottobre, dopo l’uccisione di Saleh al Aruri, numero due di Hamas colpito il 2 gennaio nel quartier generale di Hamas a Mshrafieh, sempre nella Dahieh.

GLI STATI UNITI – che secondo la Cnn erano stati avvisati da Israele dell’attacco – avevano offerto nel 2017 attraverso il loro programma «Rewards for Justice» una ricompensa pari a cinque milioni di dollari per informazioni rilevanti su Shukr che, secondo l’intelligence americana, avrebbe avuto un ruolo centrale nell’attentato del 23 ottobre 1983 contro la caserma dei marine americani a Beirut, che uccise 241 militari e ne ferì 128. Una riunione straordinaria del consiglio dei ministri è stata convocata ieri sera dopo l’episodio. «Il Libano condanna il bombardamento israeliano e si appresta a disporre un reclamo ufficiale presso le Nazioni unite», ha detto il ministro ad interim degli affari esteri Abdallah Bou Habib. Mikati, primo ministro libanese, ha condannato in un comunicato «un atto criminale, una chiara e manifesta violazione del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale. Ed è infatti una questione che sottoponiamo alla comunità internazionale».

SI PASSANO ora la patata bollente gli israeliani e Hezbollah: per ciascuno adesso – come fanno dire ai rispettivi portavoce – la palla è nelle mani del nemico, chi deciderà se il conflitto diventerà o no regionale. Se le ultime importanti notizie di ieri sera hanno catalizzato l’attenzione dei media, altrettanto importanti sono le notizie precedenti il bombardamento, che restituiscono un quadro del clima nel quale questo attacco è avvenuto.

Giorno 299 della guerra a Gaza, 298 in Libano. Ieri un trentenne israeliano originario di HaGoshrim, a ridosso del confine, è stato ucciso. Due uccisi dal lato libanese. I dirigenti drusi di Majdal Shams avevano fatto sapere che rigettavano l’idea di una risposta militare da parte di Israele dopo che l’esplosione di un razzo su un campetto di calcio sabato pomeriggio era costata la vita a 12 bambini e adolescenti. Il comunicato diramato sottolineava che «la tragedia è immensa, l’impatto è doloroso e la perdita è condivisa e sentita in tutto il Golan». In ragione della dottrina drusa che «vieta l’assassinio e la vendetta sotto qualunque forma avvengano, rigettiamo l’idea di versare anche una sola goccia di sangue con il pretesto di vendicare i nostri figli».

Hezbollah ha sempre negato e nega di essere dietrol’attacco, mentre Israele e gli alleati storici come gli Stati uniti non hanno dubbi sulla responsabilità della milizia/partito sciita. Le alture del Golan siriane, prese nella Guerra dei sei giorni del 1967 da Israele, restano ancora oggi un occupato illegalmente secondo le Nazioni unite. La comunità, oltre a quella dei coloni, è in prevalenza drusa, confessione religiosa ascrivibile alla famiglia dello sciismo ismailita. Un attacco mirato a dei civili da parte di Hezbollah a Majdal Shams rimane politicamente, militarmente e strategicamente inspiegabile.

Ennesima falla, poi, ed ennesimo malfunzionamento del sistema Iron Dome, lo scudo che dovrebbe intercettare i missili a breve e media gittata in direzione di Israele, in particolar modo dei centri abitati.

COME NEI GIORNI passati, in queste ore le diplomazie internazionali sono a lavoro, prime fra tutte l’americana e la russa, per scongiurare una escalation del conflitto. Una guerra regionale potrebbe significare l’ingresso attivo nella guerra di potenze come l’Iran, la Turchia e gli stessi Stati uniti. Una situazione poco auspicabile sia per il Libano, che per lo stesso Israele. Entrambi subirebbero, al di là di qualunque esito finale, danni di portata catastrofica. pasquale porciello

Errata Corrige

Israele bombarda Beirut e rivendica l’uccisione del numero 2 dell’ala militare di Hezbollah. Altre fonti smentiscono: Fouad Shukr è vivo. Almeno tre gli uccisi. La guerra è fuori controllo, il Medio Oriente è sul baratro. E la città drusa di Majdal Shams implora: «Fermatevi»