L’elezione presidenziale anticipata in Iran, scaturita dalla morte del presidente Raisi in un incidente aereo, ha preso una piega inaspettata con l’arrivo al ballottaggio di due candidati orientati ai poli opposti del sistema politico della Repubblica Islamica: Massoud Pezeshkian, sostenuto dai riformisti, e Said Jalili, ultraconservatore. Nel primo turno, il candidato riformista era riuscito a emergere in testa con una maggioranza relativa del 42%, seguito dal suo più temuto avversario ultraconservatore. Tuttavia era emerso un altro importante protagonista: l’astensionismo, che ha superato il 60%, un record negativo senza precedenti nella storia del Paese dopo la rivoluzione del 1979.

LA SENSIBILE EROSIONE dell’affluenza elettorale è stata evidente negli ultimi quattro turni elettorali, dal 2019: due elezioni presidenziali e due parlamentari. La concentrazione dei poteri nelle mani dei conservatori, la crisi economica, la gestione critica della pandemia, il deterioramento dei diritti sociali e la brutale repressione del movimento “Donna, Vita, Libertà” hanno profondamente accentuato la frattura tra il governo e la popolazione. Il potere clericale ha costantemente legittimato le sue azioni con un solido mandato elettorale, sottolineato ripetutamente dal leader Khamenei.

Neanche il coinvolgimento dei riformisti, con la candidatura di Pezeshkian era riuscito ad attenuare il risentimento della popolazione nei confronti del sistema. Il risultato delle votazioni, secondo molti studiosi iraniani, dimostrava la capacità della società di fare affidamento sul proprio potere senza una vera organizzazione. Un’enorme energia potenziale magmatica sepolta da strati di oppressione del sistema, ma capace di dare il suo messaggio di dissenso inequivocabile.

NEL SUO ULTIMO discorso, Ali Khamenei, leader del paese, ha ammesso che l’affluenza è stata «meno di quella che ci aspettavamo e che era stata stimata». Tuttavia, ha negato che ciò possa essere interpretato come un segno di dissenso. «Se qualcuno immagina che coloro che hanno evitato di votare lo abbiano fatto perché erano contrari al sistema e al potere, si sbaglia di grosso. Una simile interpretazione è sbagliata al 100%».

KHAMENEI ha insistito che «tutti coloro che sono interessati a un Iran forte e orgoglioso, e tutti coloro che credono nel sostegno all’establishment dovrebbero partecipare alle elezioni».
Ma qualcosa è cambiato nel secondo turno. La competizione tra i due poli estremi del sistema ha sollevato una domanda tra tutti gli iraniani: è giusto astenersi mentre il paese rischia di avere un presidente intransigente che continuerà la dura linea politica del sistema? Oppure è meglio sostenere il candidato riformista, nonostante non abbia dato segnali tangibili di cambiamento, ma che tuttavia può rappresentare un respiro in questo momento difficile per il paese?

Jalili, ultraconservatore, non ha visto la necessità di dialogare con la maggioranza silenziosa, consapevole che questo dialogo non avrebbe portato alcun risultato per lui, poiché le loro richieste e rivendicazioni sono in netto contrasto con il suo discorso e approccio. D’altra parte, Pezeshkian ha compreso la necessità di questo dialogo, non solo per vincere le elezioni, ma anche perché, per perseguire gli obiettivi del suo possibile governo, sembra essenziale una riconciliazione con la parte silenziosa della società.

MENTRE ALCUNI illustri oppositori, compreso il vincitore del premio Nobel Nrages Mohamadi, hanno continuato a sostenere la via dell’astensione, molte altre élite politiche, degli intellettuali e degli attivisti oppositori del sistema, sia all’interno che all’esterno del paese, hanno invitato la popolazione a sfruttare l’occasione per evitare una possibile vittoria del candidato ultraconservatore, temendo un ulteriore peggioramento delle condizioni di libertà sociali ed economiche, pur sottolineando che con la vittoria del candidato riformista poco sarebbe migliorato, ma almeno si evita il peggio.

Tutti gli occhi sono puntati sull’affluenza, secondo alcuni dati riportati dai media locali, ancora non definitivi, l’indice d’affluenza è aumentato di circa 5% nel secondo turno. Il sensibile aumento riguarda la ribelle capitale, Teheran, con un aumento dal 22% nel primo turno al 43,4 nel secondo.

IL NEO-GOVERNO si trova di fronte a numerose questioni cruciali che rimangono irrisolte sulla tavola della politica interna ed estera, intrecciate inestricabilmente. È una sfida non facile nel panorama attuale del Medio Oriente che impone un grande sostegno popolare, sebbene al momento sia lontano dall’essere una maggioranza assoluta nel paese.