aggiornamenti del 20 settembre 2021

Il tribunale revoca i licenziamenti

Il Tribunale del Lavoro di Firenze ha revocato l’apertura dei licenziamenti collettivi per la Gkn di Campi Bisenzio (Firenze), industria delle componentistica auto controllata dal fondo britannico Melrose. I giudici hanno dato ragione ai sindacati, che avevano impugnato il procedimento avviato verso i 422 dipendenti licenziati dal gruppo, che per il Tribunale ha violato l’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, mettendo in atto comportamenti anti sindacali. I lavoratori erano stati informati di aver perso il posto con una email.

E il giudice ritiene che “è configurabile un’evidente violazione dei diritti del sindacato, messo davanti al fatto compiuto e privato della facoltà di intervenire sull’iter di formazione della decisione”  da parte dei vertici della multinazionale di lasciare a casa i dipendenti. Per il giudice, nel comunicare i licenziamenti collettivi con una email, il 9 luglio scorso, la Gkn è venuta meno al “democratico e costruttivo confronto che dovrebbe caratterizzare le posizioni delle parti”.

“Il Tribunale – si legge in un passaggio del provvedimento – in parziale accoglimento del ricorso, accertata l’antisindacalità delle condotte” di Gkn nel licenziare 422 dipendenti, ordina di “revocare la lettera di apertura della procedura ex L.233/91” e di “porre in essere le procedure di consultazione e confronto dell’articolo 9 parte prima CCNL e dell’accordo aziendale del 9 luglio 2020 indicato in motivazione”.

Gkn, inoltre, dovrà pubblicare “il testo integrale” del decreto su diversi quotidiani e pagare le spese di giudizio alla Fiom, che tramite gli avvocati Andrea Stramaccia e Franco Focareta, aveva promosso il ricorso contro i licenziamenti collettivi.

Notizia in aggiornamento, testo tratto da repubblica.it

Il collettivo dei lavoratori: «Intervenga il governo»

Immediate le reazioni del collettivo di lavoratori del sito di Campi Bisenzio: «Ci dicono che abbiamo vinto il ricorso per condotta antisindacale. Vedremo le conseguenze pratiche. La palla ripassa ancora più pesante al Governo. Non osate far ripartire quelle lettere. Cambiate la legge subito», scrivono i lavoratori su Facebook. «La mobilitazione continua perché non c’è salvezza fuori dalla mobilitaziones. E perché ci sono trent’anni di attacchi al mondo del lavoro da cancellare. Stiamo imparando tante cose in questa lotta. Iniziamo anche a masticare qualcosa di finanza. E quindi, fossimo un azionista Plc Melrose, inizieremmo a pensare che forse i nostri soldi non sono proprio in buone mani. Inizieremmo a diversificare il portafoglio. È una semplice opinione, sia chiaro. Noi non siamo azionisti del resto. Siamo gli operai Gkn. E questo è quanto. Noi non giochiamo in Borsa. Facciamo semiassi. E insieme a tutti voi, noi #insorgiamo».

Re David: «Serve una soluzione sulle delocalizzazioni»

Arriva una nota congiunta di Francesca Re David, segretaria generale di Fiom, e Daniele Calosi, segretario generale della sigla metalmeccanica Cgil perFirenze e Prato: «Abbiamo vinto assieme ai lavoratori perché avevamo ragione, i licenziamenti alla Gkn sono illegittimi. Ora il Presidente del Consiglio e il Ministero dello Sviluppo Economico facciano la loro parte e intervengano in tema di delocalizzazioni e a una soluzione che garantisca la ripresa produttiva e l’occupazione nello stabilimento per i lavoratori di Campi Bisenzio e di tutto l’indotto».

Acerbo (Prc): scandalosa latitanza del governo

È una prima sconfitta del pensiero unico neoliberista, di quanti nell’economia e nella politica sostengono la totale libertà della finanza, delle imprese e del mercato nell’indifferenza più totale per il lavoro, i diritti, le economie dei territori.

La grande manifestazione nazionale promossa dal collettivo di fabbrica aveva già dato un fortissimo segnale non solo in difesa della GKN, ma contro la strage di lavoro e diritti cui si rischia di andare incontro se multinazionali e imprese saranno lasciate libere di delocalizzare o ristrutturare le aziende con soldi pubblici senza piani nazionali che mettano al primo posto il lavoro e la cura delle persone e dell’ambiente.

I due fatti, la scommessa vinta con la manifestazione di sabato e la decisione del tribunale, mettono ancor più a nudo la scandalosa latitanza del governo che dopo il colpevole sblocco dei licenziamenti ha saputo solo scrivere bozze di decreto sulle delocalizzazioni di cui è ignoto l’iter e già svuotate di ogni efficacia perché dettate in gran parte da Confindustria.

Cos’altro occorre perché il ministro del lavoro Orlando porti all’approvazione del parlamento una vera legge antidelocalizzazioni accogliendo la proposta nata dal basso nell’assemblea promossa dal collettivo della Gkn con i giuristi democratici?

Ora occorre il massimo impegno per continuare ed estendere la lotta a tutto il mondo del lavoro per costruire una grande opposizione alle politiche di questo governo, rimettere al centro il lavoro, i diritti e la cura delle persone e dell’ambiente.

Sosteniamo la proposta approvata dall’assemblea della Gkn, aderendo alla raccolta firme lanciata dal collettivo di fabbrica, da giuristi democratici e da noti accademici firmando la petizione a questo link.

Fratoianni (Si): ora blocco dei licenziamenti e norma contro delocalizzazioni

“Ora la palla sta al governo Draghi – dice l’esponente dell’opposizione di sinistra –  il cui silenzio dopo l’imponente manifestazione di sabato è davvero incomprensibile. Ora intervenga e trovi una soluzione per la fabbrica di Campi Bisenzio. Due sole sono le cose da fare: reintrodurre il blocco dei licenziamenti, e adottare norme efficaci  contro le delocalizzazioni. “Forse Giorgetti non ha ancora capito – conclude Fratoianni – che è un ministro della Repubblica e non di un’organizzazione datoriale. Nel frattempo possiamo tirare un sospiro di sollievo. La lotta paga.”

 

L’articolo in edicola domenica

IL CORTEO AUTORGANIZZATO dalla Rsu e dal Collettivo di fabbrica è diventato strada facendo sempre più imponente, tanto che ci sono voluti tre quarti d’ora per vederlo sfilare fra piazza Indipendenza e piazza San Marco. In testa le bandiere partigiane della Brigata Sinigaglia e dell’Anpi Oltrarno e di Campi Bisenzio, protagoniste della liberazione della città dal nazifascismo nel 1944. Come a cementare il legame fra chi contribuì alla riconquista della democrazia, e chi sta lottando per vederne confermati i cardini costituzionali.

SUBITO DIETRO L’ORMAI celebre striscione «Insorgiamo». E poi un fiume di donne e uomini di ogni età. Con una larga prevalenza di giovani; poi di lavoratori delle altre fabbriche che rischiano la chiusura; delle formazioni politiche della variegata, frantumata, litigiosa eppure ancora vitale sinistra del paese; di un sindacato confederale presente con la Cgil e la Uil, e di un sindacato di base anch’esso sparso in tanti rivoli ma compattamente in corteo, dai Cobas all’Usb, dalla Cub all’Sgb.

«Sono qui perché bisogna ripartire dal lavoro e dai lavoratori – spiega Milena che si è fatta 200 chilometri di strada per venire a Firenze – il lavoro è la questione fondamentale oggi in Italia». Il marito Gianluca, che sta vivendo sulla sua pelle con la chiusura della Sol il dramma senza fine delle Acciaierie di Piombino, puntualizza: «La solidarietà generalizzata, quella del ‘toccano uno toccano tutti’, è l’unica arma che abbiamo. Quando manca questo legame fra la città e i lavoratori, allora perdiamo».

«FINO A CHE CE NE SARÀ», canta il corteo circumnavigando la Fortezza da Basso, mentre il servizio d’ordine degli stessi operai Gkn cerca di evitare la tracimazione dei manifestanti fuori dal percorso stabilito, tanto è massiccia la partecipazione. L’organizzazione è comunque impeccabile, anche grazie agli sforzi congiunti dell’amministrazione comunale, delle stesse forze dell’ordine e delle forze sindacali, Fiom Cgil di Firenze in testa.

SOTTO GLI OCCHI di Francesca Re David passano i primi striscioni delle Rsu Fiom, in testa – non per caso – l’Embraco di Torino e la Whirlpool di Napoli. «Lottiamo da quattro anni – ricorda Ugo Bolognesi della Embraco – la multinazionale giapponese che ci ha comprato e chiuso ci ha anche boicottato un progetto alternativo per continuare a lavorare. Un progetto poi affossato dal ministro Giorgetti, dopo patti firmati con gli enti locali e la stessa prefettura. Ecco perché siamo qui». Come Raffaele Romano e le altre tute blu della Whirlpool di Napoli: «Siamo nella stessa situazione dei compagni della Gkn – aggiunge – e quando il lavoro diventa un privilegio e non un diritto, vuol dire che c’è qualcosa di profondamente sbagliato in questo paese».

FRA I CENTO STRISCIONI Fiom delle fabbriche (bergamasche e bresciane in evidenza, e la Sammontana di Empoli e la Nuovo Pignone a far gli onori da casa), spicca quello della «Rimaflow, fabbrica recuperata». E a ritmare «Siamo tutti Gkn» ci sono anche quelli di Alitalia: «Siamo qui perché Firenze è una bella città, da vedere», spiega con ironia Eleonora, mentre al suo fianco Daniele è sicuro: «Solo unendo le lotte possiamo sperare di cambiare situazioni kafkiane come quella alla Gkn, e ora anche la nostra».

I DRAPPI ROSSI CON SCRITTO «Insorgiamo» sono ovunque, anche alle finestre delle case. Anita, sei anni, lo mostra orgogliosa mentre passa il corteo: «E’ voluta venire lei qui – raccontano i genitori Chiara e Filippo – dopo aver visto nei giorni scorsi i ragazzi che volantinavano per la manifestazione. E’ la sua prima volta, ed è un battesimo splendido».

I FIATI SPRECATI BEN contrappuntano il passaggio degli insorgenti, e le magliette del Collettivo di fabbrica vengono acquistate e subito indossate da migliaia di persone. Un clima di festa, interrotto solo dal minuto di silenzio per ricordare l’ultimo caduto sul lavoro, Giuseppe Siino. Sorridono soddisfatti Nicola Fratoianni e Alessia Petraglia nello spezzone di Sinistra italiana. Mentre poco avanti, dopo la Federazione anarchica italiana, il blocco di Rifondazione comunista ha in Maurizio Acerbo un instancabile protagonista. La freschezza della Rete degli studenti medi e dei collettivi universitari è la stessa dei giovani attivisti di Potere al popolo, e gli «Studenti per Gkn» esibiscono un «Dalle fabbriche alla scuole, la Martinella suona», che fa ulteriormente capire la compattezza dietro la resistenza operaia. «O ci si unisce ora o non ci si unisce più», tira le somme Pietro.