Sono parole definitive e meditate quelle che pronuncia Mattarella commentando l’improvvida uscita della ministra per gli Affari europei francese Laurence Boone che, su Repubblica, aveva promesso «vigilanza» della Francia sul rispetto dei diritti nell’Italia governata dalla destra. «L’Italia sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione e dei valori della Ue», risponde il presidente a precisa domanda di un giornalista. Probabilmente, anche senza quell’appiglio, il capo dello Stato avrebbe trovato modo di esprimere il suo pensiero.

L’INTERVISTA DI BOONE non è infatti un caso isolato: arriva dopo altre uscite del genere e il primo cittadino ritiene che questa insistenza rappresenti una lesione della dignità dell’Italia. Non si possono azzardare paragoni indebiti con i casi di altri Paesi contro le cui politiche la Ue è intervenuta: lì si trattava infatti di atti compiuti, di giustificati interventi a posteriori, lanciare moniti contro un governo prima ancora che si formi per Mattarella è tutt’altra cosa. Il presidente, inoltre, ci tiene a chiarire subito che il suo atteggiamento non sarà quello della «coabitazione». Non si considera e non si comporterà come un presidente di sinistra costretto a subìre un governo di destra.

IL MESSAGGIO ARRIVA a Parigi forte e chiaro. Macron risponde subito per smorzare sul nascere ogni tensione: «Ribadisco la fiducia in Mattarella e nelle conclusioni che trarrà dallo scrutinio. Con chiunque sceglierà di nominare lavoreremo con buona volontà». Giorgia Meloni, che aveva reagito con estrema durezza ribadendo che «siamo uno Stato sovrano e l’era delle ingerenze è finita», si congratula soddisfatta: «Penso che qualunque italiano possa sentirsi rappresentato dalla segnalazione che l’Italia è perfettamente in grado di badare a se stessa».

IN REALTÀ ANCHE DRAGHI, pur senza prendere di petto la Francia, aveva fatto scudo alla futura premier. Intorno al cambio di governo, dice ai giornalisti al termine del Consiglio europeo informale di Praga, «c’è molta curiosità, non preoccupazione. C’è gran rispetto delle scelte politiche degli italiani». Con una precisa rassicurazione in più: «La linea di politica estera dovrebbe essere invariata». Meloni conferma a stretto giro: «La posizione di FdI in politica estera è stata estremamente chiara. Non c’è ragione che cambi». Difficile immaginare un coro più intonato, del quale fa parte anche Calenda che bersaglia la ministra francese: «Ha ragione Meloni. Si devono fare i fatti loro. Non vigilano su nulla». È però significativo che per tutto il giorno il Pd eviti invece di esprimersi, mentre la sollevazione della destra è corale e Tajani aggiunge una nota di polemica in più affermando che «nel 2011 ci furono pesanti ingerenze di altri governi europei che portarono alla caduta del governo Berlusconi. Faremo in modo che non succeda più».

LA PREMIER DA UN LATO, Mattarella e Draghi dall’altro, sono in tutta evidenza intenzionati a evitare che la situazione degeneri sfociando in una delegittimazione del governo nascituro a livello internazionale. Le conseguenze sarebbero potenzialmente letali non solo per quel governo ma, in questa fase almeno, per l’intero Paese. Resta da vedere quanto le buone intenzioni reggeranno a un impatto con la realtà dei fatti che sarà comunque durissimo. Le difficoltà nella composizione, sia pur ancora virtuale, della squadra, derivano stavolta più da questa considerazione che dai classici problemi da manuale Cencelli. Per provare a farcela, Meloni ha bisogno di una squadra di qualità anche tecnica reale e metterla insieme non è facile.

IERI, PER LA CASELLA chiave dell’Economia, è spuntato il nome dell’ex ministro Grilli, la cui disponibilità è però incerta. Ma non è quel che vorrebbe la premier in pectore, che infatti non ha ancora rinunciato al sogno Panetta. Per gli Interni tutto dipende da Salvini: se insisterà per Giulia Bongiorno la partita resterà aperta, altrimenti toccherà al prefetto Piantedosi con piena soddisfazione della leader tricolore. La spina si chiama Licia Ronzulli: Meloni non la vuole in un posto di rilievo come Istruzione o Sanità. Ma Berlusconi per la sua fedelissima punta i piedi e non arretra.