Se uno dei presidenti più impresentabili al mondo incontra l’uomo, non meno contestato, più ricco del pianeta, c’è sicuramente di che preoccuparsi. Così non sorprende che in Brasile la visita, blindatissima, di Elon Musk a Bolsonaro, su invito del ministro delle comunicazioni Fabio Faria, non sia stata accolta bene negli ambienti democratici.

DI CERTO non ha convinto nessuno la favola del ceo di Tesla e dell’azienda aerospaziale SpaceX che giunge «super emozionato» nel paese per lanciare il suo servizio Internet satellitare Starlink «per 19mila scuole senza connessione nelle aree rurali e per il monitoraggio ecologico dell’Amazzonia», come ha twittato lo stesso miliardario.
Una versione, peraltro, che stride parecchio tanto con i tagli all’educazione quanto con la feroce distruzione della foresta amazzonica portati avanti indefessamente da Bolsonaro, il quale, nella sua diretta settimanale sui social, aveva anticipato l’arrivo di «una persona molto importante» che «sta venendo a offrire il suo aiuto per la nostra Amazzonia». Per poi riferire, dopo l’incontro di venerdì, svoltosi in un hotel di lusso a Porto Feliz all’interno dello stato di São Paulo, di aver parlato con il fondatore di Tesla «di connettività, investimenti, innovazione e dell’uso della tecnologia per rafforzare la protezione della nostra Amazzonia e per lo sviluppo economico del Brasile».

PECCATO CHE IL BRASILE non abbia affatto bisogno dei satelliti di Musk per monitorare la deforestazione. Come ha dichiarato il segretario esecutivo dell’Observatório do Clima Márcio Astrini, «il monitoraggio lo abbiamo, e anche di qualità. Quello che non abbiamo è un governo». A poco serve l’informazione, insomma, se non c’è chi adotti le misure corrispondenti.
E quanto poco stia a cuore a Bolsonaro il monitoraggio dell’Amazzonia lo dimostra alla perfezione la sua politica nei confronti dell’Inpe – l’Istituto nazionale di ricerche spaziali che ha sempre svolto ottimamente tale servizio -, il cui finanziamento è stato ridotto nel 2020 del 17%.

E mentre l’Inpe ha dovuto affrontare tagli di bilancio e persino il licenziamento, nel 2019, del suo direttore, il governo, al contrario, ha profuso grande impegno nel premere sull’Agenzia nazionale di telecomunicazioni a favore dell’autorizzazione in territorio brasiliano, concessa il 28 gennaio, dei satelliti della Starlink. La fitta corrispondenza tra l’esecutivo e l’impresa, pubblicata da Brasil de Fato, non lascia al riguardo alcun dubbio, come pure è significativa la partecipazione del Dipartimento del commercio dell’ambasciata statunitense per accelerare il processo.

Incassata l’autorizzazione, con cui si è presentato come salvatore dell’Amazzonia, Elon Musk punterebbe ora a mettere le mani sulle risorse minerarie della regione. Non a caso si parla di un accordo a lungo termine con la compagnia mineraria Vale per la fornitura di nickel. E il pensiero non può non correre al tweet scritto dal miliardario in risposta a un utente che, in riferimento al litio, lo interpellava sul ruolo degli Usa nel golpe in Bolivia nel 2019: «Noi colpiremo chiunque vogliamo! Fattene una ragione».

DI SICURO, a pochi mesi dalle presidenziali, la visita di Musk, che sta negoziando l’acquisto, al momento sospeso, di Twitter, ha fatto scattare l’allarme anche rispetto a una possibile manipolazione elettorale via social: il miliardario, ha scritto sulla Folha de S. Paulo Cristina Serra, «ha già avvisato che la libertà di espressione va posta al di sopra di tutto. Musica per le orecchie delle milizie digitali e un via libera alla predicazione golpista e ai discorsi d’odio».