Tramonta definitivamente il sogno di diventare presidente per Ousmane Sonko, principale esponente delle opposizioni in Senegal. Il suo nome non compare nella lista pubblicata sabato dalla Corte costituzionale con i 20 candidati in lizza per le presidenziali del 25 febbraio. Rigettato il ricorso presentato dai suoi legali per una possibile candidatura, giudicata «incompleta»: senza la cauzione di pagamento e le sponsorizzazioni di un certo numero di deputati.

La posizione di Sonko si era già complicata a inizio gennaio, quando la Corte Suprema del Senegal ha confermato la condanna a «6 mesi di carcere» per «diffamazione» nei confronti del ministro del Turismo Mame Mbaye Niang. Una decisione che, secondo il codice elettorale senegalese, lo ha reso di fatto «ineleggibile per un periodo di 5 anni».

Dopo essersi candidato alla presidenza Ousmane Sonko è finito al centro di una telenovela politico-giudiziaria che ha infiammato il paese con manifestazioni e violenze che hanno causato oltre 50 morti e centinaia di arresti negli ultimi due anni. Entrato in politica nel 2014 creando il partito Pastef (Patriotes du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité), sciolto lo scorso luglio; eletto deputato nel 2017, è arrivato terzo alle presidenziali del 2019, ma la sua popolarità è cresciuta su temi che gli sono valsi l’etichetta di «antisistema». In particolare, la battaglia contro l’apparato corruttivo rappresentato dal presidente uscente Macky Sall e per la sovranità economica del paese lo hanno reso molto popolare tra i giovani.

La “saga legale” di Sonko era già cominciata nel 2021 con un’accusa di «stupro». Seguita lo scorso giugno da una condanna a 2 anni per «corruzione di minore». Sentenza che aveva generato tumulti in tutto il paese e perplessità tra le opposizioni politiche e le ong riguardo a una «deriva autoritaria e un clima di repressione», che ha visto l’incarcerazione di centinaia di giornalisti e attivisti. La rabbia delle opposizioni si è cristallizzata sull’esclusione di Sonko, dato per favorito alle presidenziali, «con l’utilizzo strumentale della giustizia» e l’imputazione di «attentato contro lo stato» con cui è stato arrestato lo scorso luglio.

Delle 93 candidature presentate, solo in 20 correranno per la presidenza di un paese considerato fino a qualche anno fa come uno dei pochi baluardi democratici dell’Africa occidentale. Ad avere maggiori chance di vittoria sono Amadou Ba, sostenuto da Macky Sall e attuale premier, l’ex sindaco di Dakar Khalifa Sall e Idrissa Seck, arrivato secondo alle elezioni del 2019.

Il piano “b” del partito di Sonko il piano b sarà la candidatura di Bassirou Diomaye Faye – cofondatore del Pastef, anche lui agli arresti – e quella dell’ex ministro Habib Sy, leader della principale coalizione di opposizione Yewwi Askan Wi. La campagna elettorale sembra già cominciata dopo la denuncia di alcuni candidati in lizza e la successiva esclusione di un altro illustre concorrente, Karim Wade – figlio dell’ex presidente Abdoulaye Wade – perché in possesso di doppia cittadinanza franco-senegalese e ineleggibile secondo la Costituzione senegalese.