Lo Stato islamico dell’Africa occidentale (Iswap) ha pubblicato un video in cui afferma di aver giustiziato 11 prigionieri cristiani in Nigeria, come vendetta per la morte del suo leader Abu Bakr al-Baghdadi, ucciso in un raid americano in Siria a ottobre.

La notizia è stata rilanciata venerdì dalla Bbc News Africa. Non sono stati forniti dettagli sulle vittime – catturate probabilmente nelle settimane scorse nello Stato nord-orientale del Borno in Nigeria – mentre il video, prodotto dall’agenzia stampa dell’Isis Amaq, è stato rilasciato il 26 dicembre per coincidere con le festività natalizie.

Il presidente Muhammadu Buhari ha condannato le uccisioni, come il recente attacco nel giorno di Natale contro un villaggio cristiano nei pressi di Chibok – località resa famosa dal rapimento di oltre 200 ragazze nel 2014 – che ha causato la morte di almeno sette persone. «Non dobbiamo lasciarci dividere dalle differenze religiose – ha detto Buhari – È questione di tempo, ma riusciremo a sconfiggere Boko Haram».

A dieci mesi dall’inizio del suo secondo mandato come presidente, elezione contestata dal Partito democratico del Popolo (Pdp) e dal suo avversario Atiku Abubakar, la situazione in Nigeria sembra peggiorare con attentati contro civili e militari che flagellano da almeno due anni anche i paesi limitrofi (Ciad, Camerun e Niger).

Nonostante il gruppo sia diviso tra la corrente di Abu Musab Al Barnawi – capo dell’Iswap – e quella del vecchio leader Abubakar Shekau, la situazione della sicurezza è così difficile da aver spinto numerosi villaggi a creare delle milizie locali di auto-difesa.

Insicurezze e tensioni sociali che hanno visto la nascita, in questi mesi, del movimento di protesta #RevolutionNow, creato dall’attivista e giornalista Omoyele Sowore, rilasciato su cauzione proprio il 24 dicembre. Fondatore del quotidiano online Sahara Reporters, Sowore è stato candidato alle scorse presidenziali ed è diventato un oppositore del regime di Muhammadu Buhari con le sue inchieste giornalistiche sulla corruzione nella pubblica amministrazione nigeriana e gli scarsi risultati nella lotta del governo centrale contro il gruppo jihadista Boko Haram.

Sowore si ritrova ad affrontare accuse di «tradimento» che lo riterrebbero «colpevole di aver tentato di rovesciare il governo». Il pubblico ministero, probabilmente per volontà dello stesso Buhari e per mano dei servizi di sicurezza, ha dichiarato che la campagna #RevolutionNow mira a rimuovere il presidente «con mezzi incostituzionali».

Secondo i difensori di Sowore, invece, il giornalista avrebbe solo invitato la popolazione a manifestare per spingere il governo ad agire sulle numerose sfide del paese, in particolare la sicurezza e l’economia.

Il suo movimento di protesta #RevolutionNow ha ottenuto un successo crescente a ogni manifestazione a tal punto che, nel sit-in di Abuja dello scorso 12 novembre, la polizia nigeriana ha sparato proiettili veri contro i manifestanti. Una «detenzione ingiusta», denuncia la stampa locale, che lo ha visto rinchiuso in carcere per diversi mesi, nonostante due corti federali avessero deliberato a favore del rilascio su cauzione già da agosto.

Una situazione di «persecuzione politica» che ha spinto attivisti e rappresentanti di gruppi per la difesa dei diritti umani, recentemente anche Amnesty International, a protestare insistentemente per chiedere la sua scarcerazione e maggiore libertà di informazione per i media.

Nella conferenza stampa per la sua liberazione, l’attivista Isaac Osuoka ha affermato che in questo momento di tensioni «è indispensabile che le organizzazioni della società civile e la stampa indipendente intervengano per fermare lo scivolamento del nostro paese verso la dittatura», difficoltà che aumentano l’insicurezza e la crisi sociale «con riforme promesse ma mai realizzate riguardo alla lotta contro Boko Haram, contro la corruzione e in campo economico», in uno dei paesi più ricchi del continente africano.