«I problemi di alcuni sono una benedizione per altri». Cita un vecchio detto libanese Adib Al Nakib, division manager e responsabile vendite di terreni e marketing della compagnia immobiliare Solidere.

«Le ripercussioni della crisi del 2019 hanno avuto un impatto positivo sul nostro settore e su tutte le compagnie che vi operano. C’è stato un controllo non ufficiale del capitale da parte delle banche. I correntisti hanno quindi investito nell’immobiliare temendo di perdere del tutto i loro beni».

La svalutazione della lira libanese inizia nel settembre 2019, quando sul mercato inizia a scarseggiare il dollaro, moneta ufficiale in Libano a cui la lira è agganciata a un tasso fisso ancora immutato di 1.515 per un dollaro.

Da quel momento in poi si è sviluppato un mercato nero in cui il dollaro – valuta dell’import/export in un paese in cui l’80% circa di beni primari e secondari arriva da fuori – è arrivato a vette di 15mila lire e oggi fluttua tra le 12 e le 13mila. Le banche nel 2019 hanno semi-congelato i conti, impedito i trasferimenti internazionali e fissato un tasso di cambio di 3.900 lire per i limitatissimi prelievi in dollari.

Inflazione al 90%, impennata dei prezzi e secondo le stime delle agenzie Onu metà della popolazione sotto la soglia di povertà, per metà di loro è estrema. Chi ha invece dei conti consistenti bloccati in banca ha intrapreso una vera e propria corsa al mattone o all’appezzamento, nella speranza di salvare il salvabile.

L’analista e membro dell’Advanced Leadership Initiative di Harvard, Dan Azzi, ha per primo chiamato «Lollars» i dollari bloccati in banca con cui le operazioni vengono effettuate. Una moneta fantasma, un dollaro virtuale ma accettato dalle compagnie immobiliari.

Gli acquisti in lollars e quelli in dollari contanti hanno però prezzi diversi al metro quadro. Una forbice in costante crescita dal 2019: oggi acquistare in lollars ha un costo fino a quattro volte quello del contante.

I lollars – che rimangono a tutti gli effetti dollari e che subiscono una svalutazione solo sul mercato ma non nel circuito bancario – sono subito rigirati dai singoli o dalle società alle banche per coprire i debiti contratti e gli interessi accumulati nell’ultimo decennio dato lo stallo del settore e l’alta quantità di invenduto. Il vantaggio è evidente.

«Nessuno costruisce con il proprio denaro. Noi avevamo ingenti debiti con le banche i cui interessi crescevano, non riuscivamo a pagare perché il mercato era fermo ormai da svariati anni. Le vendite sono servite a saldare questi debiti – continua Al Nakib – Un periodo di grande fortuna. Le azioni del gruppo Solidere sono quintuplicate dal maggio 2019, passando da 5 a 25 dollari circa cadauna».

Sul perché poi le banche abbiano accettato il ritorno dei lollars, risponde: «Non sono un tecnico, ma come osservatore deduco che le banche siano più credibili a livello internazionale senza l’enorme esposizione di capitali degli ultimi anni».

Solidere è una s.p.a. nata nel 1994 sotto l’autorità del Consiglio per la Ricostruzione e lo Sviluppo, l’organo del governo fondato nel 1977 durante la guerra civile (1975-90) e direttamente dipendente dal primo ministro. Il Crs fu rifondato nel ’92 dall’allora premier Rafiq Hariri in seguito agli accordi di Ta’if (’89), acquistando una serie di agevolazioni legali che avrebbero favorito la ricostruzione.

Solidere concretizzerà la visione di Hariri occupandosi del rifacimento del centro città e cambiandone il volto e l’essenza. Spazi come l’antico suq e l’antica marina diventeranno le attuali Downtown e Zaituna Bay, un complesso di negozi, uffici, caffé e appartamenti di lusso il primo e un porticciolo di yacht privati e ristoranti élitari il secondo.

Solidere attira su di sé forti critiche da parte di società civile e movimenti come Stop Solidere a causa dei privilegi legislativi, il forte spirito privatistico, accuse di corruzione, collusione e di distruzione del patrimonio naturale e artistico.

Stesso discorso per altre agenzie con altre congiunture politiche, come Elyssar a Jnah e Linor nel Metn. Un intreccio tra pubblico e privato che evoca scenari da Le mani sulla città. Da dicembre 2020 i pagamenti vengono accettati solo in fresh dollars, che Solidere non investe però in Libano data l’instabilità del paese, ma nei progetti della compagnia in Arabia saudita ed Emirati.

Guillaume Bodisseau, giornalista de L’Orient le Jour e Le Commerce e consulente per il gruppo di consulenza immobiliare Ramco, conferma come la crisi finanziaria abbia sbloccato il mercato. «Prima della crisi il numero di invenduti era altissimo, ma ne abbiamo liquidato solo nell’ultimo periodo un migliaio. Trattative che prima sarebbero durate settimane concluse spesso in poche ore. Si tratta maggiormente di appartamenti, più facili da gestire, mentre restano ancora 100mila metri quadri di uffici di difficile collocazione. Al momento i proprietari hanno estinto tutti i debiti con le banche e accettano quasi solo pagamenti in contanti, ovviamente in dollari. La domanda è ancora alta, ma è in lollars. I prezzi per chi invece compra in contanti sono vantaggiosi rispetto agli anni passati, ma non ci sono più investimenti stranieri, dal Golfo per esempio, come avveniva prima. I compratori in contanti sono in genere libanesi che vivono o che hanno attività all’estero».

Kamal Hamdan, direttore dell’Istituto di Consultazione e Ricerca fondato a Beirut nel 1977, prevede anni a venire drammatici. «L’iniqua tassazione delle compagnie immobiliari è una delle cause del fallimento del paese. Al momento le prospettive macroeconomiche non sono incoraggianti. Molti giovani, ma anche molte famiglie, proveranno a lasciare il paese in maniera definitiva. Questa crisi viene da lontano e manifesta il fallimento di Parigi I (2001), II (2002) e III (2007) e della Cedre Conference (2018)», tutte conferenze con al centro il risanamento dei conti pubblici libanesi.

C’è sempre chi trae vantaggio da una crisi degna di questo nome o qualcuno, come in questo caso, per cui è addirittura una benedizione.