La corte militare di Kinshasa-Gombe ha condannato all’ergastolo i sei imputati a processo per l’omicidio dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista del World Food Programme Mustapha Milambo anneuto nel Nord Kivu il 22 febbraio 2021. Il pubblico ministero aveva chiesto la pena di morte per tutti e sei, ma i giudici hanno deciso di comminare il carcere a vita.

In aula sono apparsi soltanto cinque dei presunti membri del commando omicida: Shimiyimana Prince Marco, Murwanashaka Mushahara André, Bahati Antoine Kiboko, Amidu Sembinja Babu detto Ombeni Samuel e Issa Seba Nyani, mentre un sesto è stato condannato in contumacia alla stessa pena.

La richiesta di pena di morte aveva fatto molto scalpore, perché nella Repubblica democratica del Congo non viene applicata da oltre vent’anni, anche se resta presente nell’ordinamento giudiziario, ma una specie di moratoria ufficiosa l’ha messa da parte. In questa decisione ha avuto sicuramente un peso anche il ruolo dell’Italia che, dopo essersi costituita parte civile, si era subito opposta alla pena di morte.

Anche la famiglia Attanasio aveva espresso contrarietà alla pena capitale, sottolineando come anche Luca fosse sempre stato contrario.

Il rientro in Italia della salma di Luca Attanasio (Ap)

L’accusa contro i sei era di omicidio, associazione a delinquere, detenzione illegale di armi e munizioni da guerra e proprio per la presenza di questa tipologia di armi il processo è stato affidato a un tribunale militare, scelta sempre contestata dalla difesa che riteneva che dei civili non potessero essere processati da una corte militare.

La corte marziale ha sposato la tesi di un’esecuzione delle vittime, ma restano tanti i punti oscuri di questa vicenda, a cominciare dagli imputati che nel gennaio scorso erano completamente diversi. La polizia congolese aveva gettato letteralmente in pasto alla stampa una decina di uomini scalzi e ammanettati, dicendo che fra questi erano presenti anche gli assalitori del convoglio del World Food Programme. Poi questi arrestati erano misteriosamente scomparsi ed era iniziato un processo ad altre persone. Di questi nuovi imputati erano state presentate delle confessioni, dove ammettevano di aver assaltato le auto del World Food Programme e assassinato Attanasio, Iacovacci e Milambo. Poi, durante le udienze, queste confessioni erano state ritrattate perché, secondo la difesa, erano state estorte con la forza dopo giorni di torture. Le argomentazioni degli avvocati difensori non erano però bastate ed è arrivata la condanna, ma sembra difficile di poter parlare di giustizia, vista la mancanza di prove contro gli imputati.

22 febbraio 2021, i caschi blu sul luogo dell’agguato al convoglio su cui viaggiava l’ambasciatore Attanasio (Ap)

Nessuno si aspettava troppo dal filone congolese e per questo motivo sarà importante capire come la Procura di Roma, che ha due fascicoli aperti sul caso, uno per terrorismo e omicidio e l’altro per omesse cautele contro i funzionari del World Food Programme, riuscirà a muoversi.

Il 25 maggio è prevista la prima udienza a Roma per l’accusa di omesse cautele ai membri dell’agenzia delle Nazioni unite, accusati di aver falsificato i documenti per non segnalare la presenza dell’ambasciatore Attanasio.

Il World Food Programme chiede l’immunità processuale per i suoi dirigenti per quella che ha tutta l’aria di diventare una lunga battaglia legale e che probabilmente non scoprirà mai nemmeno ciò che è veramente accaduto quel maledetto 22 febbraio del 2021 su una polverosa strada nel Kivu del Nord, la provincia più orientale e disperata della Repubblica democratica del Congo.