Imbrigliare il pensiero critico è sempre stato l’obiettivo di tutti i regimi e governi reazionari. Le ultime esternazioni di Bolsonaro e del ministro dell’Istruzione brasiliano vanno in questa direzione. Sono gli insegnamenti in campo sociologico e filosofico a entrare nel mirino dell’ex-capitano che li considera discipline inutili, un costo per la collettività e non in grado di apportare miglioramenti alla società.

VENGONO AFFIDATE ancora una volta a Twitter le “linee guida” del presidente in campo educativo. Il primo annuncio fa riferimento alle misure che «il ministro dell’Istruzione sta studiando per decentralizzare gli investimenti per le facoltà di filosofia e sociologia e investire sulle materie che hanno un ritorno immediato per il contribuente, come veterinaria, medicina e ingegneria».
In un secondo tweet il pensiero bolsonariano assume forma compiuta con l’affermazione che «il ruolo del governo è rispettare il denaro del contribuente, insegnando ai giovani la lettura, scrittura e fare di conto, favorendo attività che generano reddito per la persona, benessere per la famiglia e miglioramento per la società».

IL GIORNO PRIMA era stato il ministro dell’Istruzione Abraham Weintraub, insediatosi a inizio aprile, a sostenere che «il Brasile deve fare come il Giappone che ha ridotto il finanziamento pubblico alle facoltà di filosofia, perché le élite che scelgono questo tipo di studi devono farlo con soldi propri».

Immediata la presa di posizione di 28 associazioni dell’area delle scienze umane che in un comunicato affermano: «Le indicazioni di Bolsonaro nel campo dell’Istruzione sono espressione di ignoranza, pregiudizio culturale, fanatismo ideologico. Si mette in discussione, per motivazioni politiche-ideologiche, l’importanza storica delle scienze sociali e si ignora che gli studi in campo sociologico e filosofico sono fondamentali per lo sviluppo di un pensiero sistemico e per la formulazione di politiche pubbliche». Secondo i dati del Censimento dell’educazione superiore, nelle università brasiliane si tengono 72 corsi di scienze sociali con 10.035 studenti e 38 di filosofia con 4.094 studenti. Gli ambienti conservatori hanno sempre considerato queste aree di insegnamento come «centri di indottrinamento marxista».

La richiesta di ridurre gli investimenti allo studio delle scienze sociali e della filosofia non è nuova. Sotto il governo Temer alcuni deputati avevano cercato di presentare una proposta di legge, che però non raggiunse un numero sufficiente di firme, in cui si affidava il loro insegnamento a non ben definite «istituzioni particolari».

ORA RIPARTE LA CROCIATA dell’estrema destra brasiliana, sostenuta da ampi settori delle chiese evangeliche, contro il sistema educativo e contro la «scuola marxista». Il movimento conosciuto come Escola sem partido (Scuola senza partito), fondato nel 2004, con il suo progetto che mira a introdurre nelle aule un programma culturale conservatore, ha ricevuto un nuovo impulso in seguito all’elezione di Bolsonaro.

Durante la campagna elettorale il presidente aveva promesso di «entrare col lanciafiamme al ministero dell’istruzione per liberare gli studenti dall’influenza di Paulo Freire». I movimenti conservatori e reazionari brasiliani hanno sempre vissuto come una ossessione il ruolo di questo educatore che, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, ha sviluppato una visione educativa partendo dalle condizioni di vita della popolazione. Il suo metodo educativo pone il dialogo al centro dell’attività di insegnamento e assegna all’educazione un ruolo fondamentale nella lotta alle ingiustizie sociali.

Freire viene arrestato durante la dittatura e costretto all’esilio per aver attuato una politica di alfabetizzazione e favorito lo sviluppo di una coscienza critica. Ritornato in Brasile dopo 15 anni, muore a San Paolo nel 1997. E ora Bolsonaro lo attacca, nel tentativo di impedire che gli insegnanti facciano riferimento al suo pensiero.

CIÒ CHE FREIRE ESPRIME nei suoi libri più importanti, L’educazione come pratica di libertà e La pedagogia degli oppressi, appare intollerabile all’attuale governo. Ora sono le idee dello scrittore conservatore Olavo de Carvalho, ideologo della destra brasiliana che si è più volte espresso contro il «marxismo culturale» nelle scuole, a ispirare Bolsonaro. Coloro che avevano coltivato l’illusione di un atteggiamento più misurato dell’ex-capitano nel suo nuovo ruolo, sono già costretti a ricredersi e guardare sotto la giusta luce il personaggio. La sua decisione di celebrare il golpe militare del 1964 va di pari passo con la volontà di distruggere i valori democratici e di pluralismo culturale su cui si regge l’insegnamento.

IL NUOVO MINISTRO dell’Istruzione, che ha sostituito il suo predecessore Ricardo Velez, esaltato al momento dell’insediamento e poi esautorato perché «persona onesta, ma incapace», si è messo subito all’opera. Dopo aver preso di mira gli studi di filosofia e sociologia, il 30 aprile ha annunciato il taglio del 30% dei fondi alle Università federali di Brasilia, Bahia e Fluminense perché «non mostrano prestazioni accademiche attese e stanno promuovendo “baldoria” nei loro campus». Secondo il ministro le tre Università «hanno permesso lo svolgimento di eventi politici e non si può consentire di organizzare dibattiti e seminari assurdi che non portano nulla alla società».

LA «BALDORIA» a cui il ministro si riferisce sono gli incontri tenuti con Fernando Haddad (Pt) sul sistema educativo e con il movimento dei Sem- Terra sulla riforma agraria. In una nota l’Università di Brasilia chiarisce che «ogni Università è il palcoscenico per un dibattito libero e critico, organizzato per la sua comunità, con tolleranza e rispetto per la diversità e la pluralità». I partiti della sinistra parlano di «un bolsonarismo rabbioso e di un ministro che andrebbe messo in stato di accusa per la baldoria mentale che manifesta nelle sue dichiarazioni e decisioni».

Nel Brasile di Bolsonaro, il pensiero critico, che è l’arma più importante contro la barbarie, viene considerato «baldoria».

Intanto nel Parlamento le forze più retrive si stanno coagulando per introdurre norme e contenuti pedagogici in sintonia col programma di Escola sem partido. Si vuole proibire qualunque contenuto pedagogico che tratti di «educazione sessuale» e «diversità religiosa». Si afferma che questi temi «possono ferire e distruggere i valori delle famiglie e stimolare un determinato comportamento sessuale». In un paese in cui si raggiungono livelli insopportabili di violenza sessuale, con un episodio ogni dieci minuti, si vuole cancellare quel faticoso percorso di educazione alla sessualità che era stato intrapreso durante i governi di Lula e Dilma. L’attuale presidente e i suoi sostenitori si sono spinti ad affermare, senza alcun ritegno, che «la sinistra promuove nelle scuole omosessualità e pedofilia».

NEI PROGETTI DI LEGGE sono previste norme che proibiscono ai docenti di esprimere le loro opinioni ideologiche, religiose, politiche, morali. Si sostiene che l’insegnamento deve essere in linea con la formazione culturale e religiosa delle famiglie. Gli studenti sono autorizzati a controllare i contenuti divulgati dai docenti, per «combattere la contaminazione ideologica che un esercito organizzato di militanti travestiti da insegnanti porta avanti nelle aule». Questi sono i temi e i toni di Bolsonaro e degli ambienti che lo sostengono.

Siamo di fronte a un progetto che criminalizza l’attività docente, minaccia la libertà di insegnamento, sviluppa concetti pedagogici in contrasto con la Costituzione e che si inserisce in più ampio attacco alla scuola pubblica.