In un dialogo che compare alla fine del primo capitolo del romanzo Il mastino dei Baskerville di Arthur Conan Doyle, Sherlock Holmes rimane indispettito dal suo interlocutore che dichiara di preferirgli, nonostante non possieda il senso pratico del detective londinese, un «uomo dalla mente profondamente scientifica (…) che si erge sugli altri», chiamato Mortiller Bertillon. Si tratta di Alphonse Bertillon (1853-1914), criminologo parigino, nipote di Achille Guillard che coniò il termine «demografia».

Lo studioso, noto per le sue prese di posizione antisemite, si improvvisò grafologo nell’affaire Dreyfus, sostenendo, attraverso una serie di tesi alquanto lambiccate, la colpevolezza dell’ufficiale, poi sostenuto da Zola nel celebre J’accuse, apparso su L’Aurore. Non proprio lusinghiero fu il giudizio di Bernard Lazare, che nel saggio L’antisemitismo e l’affaire Dreyfus (Medusa 2017), lo definì «mezzo squilibrato, uomo del sistema, pronto a spedire in galera o sul patibolo qualcuno pur di dimostrare la giustezza delle sue teorie». Nell’imponente studio L’affaire. Tutti gli uomini del caso Dreyfus (Bompiani 2022), Piero Trellini rincara la dose, affermando che Bertillon «navigava a vista con la certezza degli ottusi», in quanto pretendeva di dare scientificità all’interpretazione calligrafica, trascurando la contingente matrice psicologica.

Ma Bertillon fu soprattutto il padre della fotografia segnaletica e fondò nel 1870 il primo laboratorio di identificazione criminale tramite l’antropometria giudiziaria, non a caso chiamata «sistema Bertillon». Ora la casa editrice Scalpendi pubblica per la prima volta in italiano La fotografia giudiziaria Con un’appendice sulla classificazione e sull’identificazione antropometriche (pp. 116, € 18,50), nella valida versione di Michele Zaffarano. Si tratta di un interessante vademecum riguardante le norme da seguire al fine di avvalersi in ambito giudiziario del riconoscimento biometrico, che verrà adottato sia in Europa sia negli Stati Uniti.

Il manuale, originariamente uscito nel 1890 nella collana Bibliothèque photographique dell’editore parigino Gauthier-Villars et Fils, si avvale di un linguaggio lineare e scorrevole, anche se alcuni argomenti trattati risultano ora anacronistici ora troppo specialistici, rendendo non sempre agevole la lettura (si sente al riguardo la mancanza di note esplicative e di un adeguato apparato storiografico ed esegetico). L’autore, che da semplice impiegato era divenuto nel 1882 capo-fotografo della questura di Parigi, inventò il suo «antropometro», basato su 14 distinte misurazioni che si aggiungevano al rilevamento delle impronte digitali.

Nel libro si analizzano le tecniche riguardanti l’allestimento delle foto segnaletiche che dovevano essere realizzate di fronte e di profilo e poi associate, tenendo conto di un numero di componenti fisse come illuminazione, riduzione, posa, postura e formato. A tali precetti Bertillon si attiene scrupolosamente, quasi con piglio da burocrate: «collocare esattamente il soggetto di lato, con lo sguardo portato in orizzontale». La fotografia viene concepita come il mezzo ideale per rappresentare oggettivamente la realtà, a patto che sia priva di infingimenti, poiché l’attendibilità del ritratto deriva dalla mancanza di ritocchi e di qualsiasi elemento che alteri la verosimiglianza dell’immagine. Gli archivi così costituiti formavano, all’interno dei laboratori di fotografia giudiziaria minuziosamente descritti nel capitolo IV, un indispensabile strumento per designare colpevoli o innocenti.

Molto pertinente è l’apparato iconografico, con l’inserimento di una serie di foto giudiziarie che passano dai delinquenti che cambiano aspetto (vedi tavole I e II) alle pionieristiche scene del crimine (tavola V) all’effigie dei cadaveri riconosciuti attraverso la classificazione antropometrica (tavola VIII). Illuminante l’appendice, contenente le considerazioni morfologiche di Bertillon che, avvalendosi di una serie di schemi e diagrammi, analizza la conformazione della figura umana, passando dall’altezza al colore di occhi e capelli, dall’incarnato all’aspetto di naso e orecchie.