La crisi del coronavirus non era in agenda ma il governo italiano, che ha accolto a Napoli il presidente francese Emmanuel Macron e undici ministri per il 35esimo vertice bilaterale (il primo dal 2017), ha avuto un po’ di conforto dalla Francia.

«Un gesto di vicinanza all’Italia e al contempo un segnale nei confronti della comunità internazionale», ha giudicato il ministro Luigi di Maio, che all’epoca del Conte I aveva sfidato l’Eliseo incontrando dei gilet gialli; ne era seguito il richiamo dell’ambasciatore a Roma, cosa mai vista nel dopoguerra. «Un gesto di amicizia», ha precisato Macron, che segna «la solidarietà europea».

Il presidente francese ha ricordato che i ministri della Sanità (assenti a Napoli) si sono incontrati la vigilia a Roma con quelli dei paesi confinanti l’Italia (ieri ci sono stati contatti con il ministro tedesco) e che le decisioni prese lo sono «alla luce di quello che ci dicono gli scienziati», cercando di restare razionali.

Intanto in Francia il primo ministro Edouard Philippe ha riunito i leader di tutti i partiti e, malgrado l’imminenza delle elezioni municipali, è riuscito a mantenere una parvenza di unità nazionale verso l’emergenza (a parte Marine Le Pen, che continua a pretendere la chiusura delle frontiere).

In un «contesto un po’ complicato» a causa della crisi sanitaria, l’Eliseo volta pagina nelle relazioni burrascose con l’Italia: Parigi e Roma rilanciano la relazione di alleati «storici», ha affermato Giuseppe Conte, aggiungendo, come per scusarsi: «Queste cose non cambiano da un anno all’altro».

Il pomeriggio napoletano ha avuto una prima parte culturale, con la visita al teatro San Ferdinando (Macron: «Amo tantissimo Napoli e il teatro di De Filippo», è recitando questo autore che ha sedotto la moglie Brigitte), poi la cappella di San Severo e il Cristo velato, una tappa alla bottega di uno scultore e infine il vertice a Palazzo Reale, concluso con una cena offerta dal presidente Sergio Mattarella.

Sulla scia dell’incontro dello scorso settembre tra Conte e Macron, Napoli è una tappa importante per il rilancio della cooperazione tra due Stati che nella Ue hanno molti interessi in comune, soprattutto in un momento in cui l’Unione, che deve fronteggiare il difficile negoziato della Brexit, non è riuscita a votare il bilancio per il periodo 2021-27 a causa del blocco dei «4 frugali» (Austria, Danimarca, Olanda e Svezia) che non vogliono spendere per l’Europa più dell’1% del pil.

Il vertice si è concluso con una dichiarazione congiunta di una decina di pagine, un Patto di Napoli che dovrebbe costituire la base per la revisione del Trattato del Quirinale tra Francia e Italia, lavori sospesi ai tempi di Salvini al governo e che riprenderanno in vista di una visita di stato di Mattarella in Francia entro l’anno.

La cooperazione franco-italiana è rilanciata nella difesa e nella sicurezza con l’accordo tra Fincantieri e Naval Group di cantieristica militare (sembrano superate le frizioni di mesi fa per i Chantiers de l’Atlantique, in attesa del verdetto anti-trust della Ue a fine marzo-inizio aprile); nell’industria e la finanza, con un accordo Bpi-Cassa Depositi; e, sullo sfondo, anche se non riguarda i governi, l’accordo Fiat/Chrysler-Peugeot.

Italia e Francia nella Ue hanno battaglie comuni: la revisione del Patto di stabilità per una maggiore flessibilità e la transizione ecologica, per un aumento della riduzione di Co2 entro il 2030 per assicurare la neutralità carbone promessa nel 2050.

A Napoli è stato firmato un accordo sulla ricerca scientifica, per la base comune Concordia in Antartide. Sulla Libia, i due paesi parlano ormai di «esagerate divergenze» in passato e oggi di «allineamento» sulla (tenue) posizione della conferenza di Berlino, una cooperazione navale per il controllo delle armi, che dovrebbe succedere all’operazione Sophia (che Austria e Ungheria stanno bloccando). E l’Italia è invitata dalla Francia a impegnarsi di più nell’operazione Takuba in Sahel.

Sull’immigrazione, Macron e Conte parlano di «politica europea di solidarietà» per chi chiede asilo, «equa ripartizione» (un progetto Ue è atteso per fine marzo) e «salvataggi in mare» ma anche «rimpatri» più efficienti. Sul Lione-Torino l’obiettivo è far salire il cofinanziamento Ue dal 40% a oltre il 50%.