Mancano ormai pochi giorni alla fine dell’anno e qua e là si tirano le somme su come sono andate le cose nel corso di questo 2023. Il tutto mentre da qualche parte, nell’area di Visegrád (V4), si verificano esondazioni. A Budapest, infatti, il Danubio ha rotto gli argini e l’acqua ha raggiunto il livello più alto rilevato dal 2023. Mercoledì 27 dicembre scorso, per esempio, il fiume è arrivato a 6,93 metri. A cosa è dovuto questo fenomeno? Alle piogge abbondanti e allo scioglimento della neve dovuto a temperature insolitamente alte per questo periodo. Insomma, da qualche parte, nell’area del V4, l’anno finisce con l’acqua alta. Questo non riguarda solo l’Ungheria, dal momento che anche la Germania, i Paesi Bassi e la Lituania sono alle prese con tale problema.

Fatte queste precisazioni legate all’attualità climatica e ambientale, ci chiediamo come sia andato l’anno per i paesi del V4. Il 2023 è stato critico, e non solo per l’area di cui ci occupiamo; concentrandoci su di essa possiamo dire che i suoi stati hanno avuto da subito i loro grattacapi. A fine gennaio l’Ungheria, secondo dati dell’Istituto Centrale di Statistica (KSH), ha registrato un’inflazione del 25,7%, la più alta rilevata nell’Ue (Quella media Ue secondo Eurostat era del 10%). Inoltre l’aumento avvenuto in ambito energetico è ammontato al 52,4%, quello relativo ai generi alimentari è stato invece del 44%. I consumi sono risultati in diminuzione in quanto la parte di popolazione che non è stata in grado di adeguarsi all’aumento del costo della vita è cresciuta considerevolmente e continua ad essere un dato rilevante sul piano numerico. Le difficoltà economiche continuano a interessare settori cospicui della società ungherese. Secondo il premier Orbán è colpa delle sanzioni alla Russia, che in effetti non hanno fatto un gran bene all’Ue. Ma l’opposizione respinge l’interpretazione data dal primo ministro in riferimento allo scenario critico nazionale e internazionale.

La paura della povertà si è fatta sentire anche nella Repubblica Ceca dove l’11 marzo scorso migliaia di persone si sono riunite a Praga per dar vita a una manifestazione avente per slogan “la Repubblica Ceca contro la povertà”.
In quell’occasione i dimostranti hanno fatto sventolare la bandiera nazionale e chiesto le dimissioni del governo conservatore che accusavano di non impegnarsi abbastanza contro l’inflazione. E a gennaio l’inflazione nel paese è stata del 17,5% mentre il mese prima era stata del 16%.

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Le difficoltà economiche hanno certamente interessato anche gli altri due stati membri del V4; d’altra parte non potrebbe essere altrimenti dato il contesto internazionale.

Di particolare rilievo ci sono state, quest’anno, le elezioni in Slovacchia che hanno riportato al governo Robert Fico suscitando le inquietudini dell’Ue. Inquietudini dovute al fatto che Fico si esprimeva da tempo contro le sanzioni alla Russia e aveva dichiarato che in caso di vittoria e di un suo ritorno al ruolo di primo ministro avrebbe interrotto gli aiuti militari all’Ucraina.

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Il suo successo alle urne è stato salutato con soddisfazione da Viktor Orbán che nei temi prima accennati si trova in sintonia con Fico. Ma le condivisioni non si fermano lì dal momento che il premier slovacco intende intensificare i controlli alla frontiera con l’Ungheria per contrastare i flussi migratori che seguono la rotta balcanica. Musica per le orecchie di Orbán.

Il ritorno di Fico al potere dà modo al premier danubiano di consolarsi della perdita di un sistema affine, quale quello che è stato al potere in Polonia per otto anni. Le elezioni nel paese della Vistola, altro avvenimento di rilievo avvenuto nell’anno che si sta per concludere, hanno sì visto prevalere gli ultranazionalisti del PiS risultati essere il primo partito polacco per voti, ma i medesimi non si sono trovati nella condizione di restare al governo che invece è stato affidato a Donald Tusk il quale, con la sua coalizione, vuole ricucire i rapporti con l’Ue. Ricomporre le relazioni e cercare di sbloccare i fondi destinati a Varsavia ma congelati da Bruxelles per via delle riforme precedentemente realizzate e fatte adottare dal PiS in ambito giudiziario e considerate tali da limitare pesantemente l’autonomia della magistratura.

C’è un problema di fondi congelati anche per l’Ungheria che al vertice di metà dicembre ha visto Orbán giocare la carta del veto sulle questioni riguardanti l’Ucraina per ottenere lo sblocco di queste somme che sarebbe avvenuto solo in parte grazie alle riforme del governo di Budapest per migliorare la situazione della magistratura sul piano dell’autonomia dai “desiderata” dell’esecutivo. Insomma, nei negoziati a Bruxelles si ragiona un po’ in termini di merce di scambio; è un gioco che vede Orbán attivo e intento a muovere le pedine che ha a disposizione. I fondi Ue sono necessari all’Ungheria che, come gli altri paesi del V4 ha realizzato il grosso, la quasi totalità degli investimenti interni grazie a queste somme. Resta il problema delle gestioni non di rado poco trasparenti di questi fondi da parte dei poteri di turno, ma si tratta di una questione che data da lungo tempo e chiama in causa il flagello della corruzione ossia di quel mostro che è sempre vivo e vegeto nell’area in questione (e non solo là).

Il 2024 sarà un anno interessante: il prossimo primo maggio saranno passati vent’anni dall’adesione all’Ue dei quattro di Visegrád insieme ad altri paesi, a giugno vi saranno le elezioni europee e successivamente l’Ungheria dovrebbe assumere la presidenza di turno dell’Ue.

Tutto da raccontare. Intanto, buon anno a chi ci legge.