Un trionfo annunciato. Una campagna elettorale condotta con la consapevolezza di vincere, ma la necessità di una vittoria ampia per «spazzare via definitivamente il passato». Una presenza importante e ingombrante da dover gestire, quella del presidente uscente Obrador che da leader di Morena avrà un forte controllo politico sul nuovo governo. Nonostante ciò, la vittoria di Claudia Sheinbaum è qualcosa di enorme, e non solo per il fatto che sarà la prima donna presidente della storia del Messico.

IL PRIMO DATO che emerge dal voto del 2 giugno è ovviamente l’incredibile forbice tra Sheinbaum, alla guida della coalizione Sigamos Haciendo Historia, e gli sfidanti: l’ex sindaca di Città del Messico ha infatti ottenuto oltre il 58% delle preferenze, mentre la candidata di Fuerza y Corazón por México, che ha riunito i partiti storici del Messico – il Partito Azione Nazionale (Pan), il Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri) e il Partito della Rivoluzione Democratica (Prd) – si è fermata al 28%. Terzo l’outsider Jorge Máynez del Movimiento Ciudadano, con il 10% dei voti. Una forbice che, altro dato significativo in un paese come il Messico, ha fatto sì che in queste elezioni nessuno abbia parlato di brogli elettorali.

Analizzando il risultato dei partiti, il Movimento Rigenerazione Nazionale – Morena – fondato da Obrador nel 2011 ha conquistato il 45% dei consensi, facendo dell’ex presidente colui che ha spazzato via i tre partiti storici del Messico: Il Pan ha ottenuto il 16,5%, il PRI il 9,5%, il Prd appena l’1,8%. Un risultato che non può passare in secondo piano se si considera che Pri e Pan hanno eletto gli ultimi due presidenti prima dell’affermazione di Obrador nel 2018, rispettivamente Enrique Peña Nieto (2012) e Felipe Calderón (2006).

MA IL TRIONFO di Sheinbaum e Morena non si è fermato alla conquista della residenza presidenziale di Los Pinos: Sigamos Haciendo Historia ha infatti vinto le elezioni locali di Città del Messico, con Clara Brugada chiamata a continuare il lavoro di Sheinbaum che si era dimessa da sindaco con un anno di anticipo proprio per candidarsi alle elezioni federali, e si è affermata alla guida di Chiapas, Morelos, Puebla, Tabasco (stato natale di Obrador, qui addirittura con l’80% dei consensi), Veracruz e Yucatán. Le uniche vittorie degli sfidanti si sono infatti registrate negli stati di Jalisco, dove sul filo si è imposto il candidato del Movimiento Ciudadano, e di Guanajuato, dove ha vinto l’esponente di Fuerza y Corazón por México.

SHEINBAUM HA ORA ampio mandato per continuare la «trasformazione di sinistra» iniziata da Obrador. E lo potrà fare partendo da quel senso di novità che incarna la sua figura a partire dall’essere la prima donna alla guida di un paese machista, in cui i femminicidi sono all’ordine del giorno. Ma a questo risultato, ha sottolineato nel suo primo intervento da nuova leader del governo, «non arrivo da sola: siamo arrivate tutte, dalle eroine che ci hanno regalato la nostra patria alle nostre madri, alle nostre figlie, alle nostre nipoti». Significativa anche la sua prima promessa: rispettare «la diversità politica, sociale, culturale e religiosa, la diversità di genere e sessuale». La seconda: «Combattere ogni forma di discriminazione».

SUL SUO PROFILO SU X, veicolo social della sua campagna elettorale, Sheinbaum ha pubblicato una serie di tweet per ringraziare, uno a uno, i leader dei paesi più vicini che hanno salutato la sua vittoria: Bernardo Arévalo, presidente del Guatemala, con l’impegno di «continuare a lavorare insieme per un’America Latina unita», Xiomara Castro dell’Honduras, alla quale ha ribadito che «è il tempo delle donne», e John Briceño del Belize per rinsaldare politiche comuni caraibiche. Una scelta chiara, quella di Sheinbaum, che vuole continuare anche qui sul solco tracciato da Obrador: il Messico come “regia” per la gestione della questione migratoria; parlare “a sud” per farsi intendere “a nord”. Silenzio, ovviamente, di Donald Trump sulla vittoria della leader della sinistra messicana, mentre Joe Biden ha tenuto a congratularsi per la «storica elezione a prima donna presidente del Messico». Quindi, il messaggio che suona come un auto-auspicio in vista delle presidenziali del 5 novembre, considerando anche che il governo Sheinbaum inizierà solo il primo ottobre: «Non vedo l’ora di lavorare a stretto contatto nello spirito di partenariato e amicizia che riflette i legami duraturi tra i nostri due Paesi». Un’amicizia che, durante il governo Obrador, è spesso entrata in crisi proprio sulla questione migratoria.

CHE SHEINBAUM sia, oggi, la nuova speranza dell’America Latina che guarda a sinistra lo racconta il fatto che ad attendere con lei i risultati ci fossero due ex presidenti “pesanti”, quello dell’Argentina Alberto Fernández, e quello della Bolivia Evo Morales, e le parole di Lula, che non ha perso occasione per complimentarsi anche con il suo «grande amico» Obrador e annunciare un prossimo viaggio in Messico «per rafforzare i nostri rapporti commerciali. Siamo le due maggiori economie dell’America Latina e possiamo avere un flusso maggiore di scambi fra gli imprenditori di entrambi i paesi».

A dimostrazione della centralità del Messico nello scenario politico e commerciale mondiale, infine, da un lato i complimenti della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dell’alto rappresentante Ue Josep Borrell, che ha messo in risalto «i settori di interesse reciproco, come le relazioni economiche, la transizione verde, l’inclusione sociale, la sicurezza e l’agenda digitale», e dall’altro il messaggio di Vladimir Putin che ha affermato che «il Messico è tradizionalmente un partner amico della Russia nella regione latinoamericana. Ci aspettiamo che la sua attività contribuirà a un ulteriore sviluppo della cooperazione tra i nostri Paesi».