Nell’autofinzione che attraversa molto cinema francese – lo mostrano gli autori visti qui questi giorni, da Desplechin a Mia Hansen-Love – quella di Valeria Bruni Tedeschi riesce a sempre a sorprendere, e soprattutto a farsi esperienza condivisa grazie a un punto di vista rispetto alla propria personalissima materia – gli amori infelici, la famiglia, la maternità, il lutto con la morte dell’amatissimo fratello – che vive di autoironia mai compiaciuta. Una forma dirompente che accompagna questo «mettersi a nudo» anche nelle zone emozionali più intime, e nei ricordi più dolorosi, capace e di andare oltre la biografia – o le...