Un festival dall’impronta classica dove lo stile del gran cerimoniere dell’edizione 68, Claudio Baglioni, si sente eccome. Venti pezzi che la Rai ha concesso all’ascolto in anteprima alla stampa nella blindatissima sala audizioni di Corso Sempione: «Avevo detto di no alla prima proposta – spiega Baglioni in collegamento video da viale Mazzini costretto a dare forfait all’incontro meneghino dall’influenza – ho pensato che c’era troppo lavoro da fare in così poco tempo. Poi ha prevalso la curiosità…». Sono solo canzonette certo, ma emerge qua e là il tentativo di uscire dal radio friendly dal ritornello sdolcinato. Mancano i rapper: «Nessuna volontà di esclusione, li ho chiamati – sottolinea Baglioni – ma hanno tutti declinato l’invito. Mi è stato fatto capire che il rap segue altri canali di promozione. Dispiace, perché vorrei che Sanremo rappresentasse tutti i generi».Venti canzoni, altrettante rimaste fuori: «C’era molta qualità era difficile scegliere» e qualche polemica. Loredana Bertè non ha nascosto il suo disappunto sui social, ma ci sta in una manifestazione che vive anche sul colore e sul gossip.

Al bulimico ascolto concentrato in un paio d’ore arriva una certa ricercatezza negli arrangiamenti. Pochi effetti speciali o beat ossessivi – piuttosto melodie avvolgenti e archi in primo piano. E le voci degli interpreti che Baglioni ha voluto «valorizzare» in primo piano, come quella di Annalisa in Il mondo prima di te e i suoi rimpianti per una storia finita male: «In una casa senza pareti da costruire nel tempo», intona appoggiando il cantato su un loop molto british prima di lanciarsi nel ritornello senza sgangherata enfasi.

Avitabile e Servillo condividono passioni che vanno oltre la musica: Il coraggio di ogni giorno, firmato a quattro mani dai due esecutori che si alternano nel cantato – incrocia la tradizione dei bottari e il pop mediterraneo su liriche che provano a raccontare Napoli senza luoghi comuni: «Io non mi sono mai sentito così vivo. Scrivo la mia vita e ho gli stessi occhi di Scampia. Accetto il mio dolore e il prezzo da pagare per stingerti le mani». C’è anche Biondi (Mario) un metro e novanta di voce soul che tanto bene funziona in inglese quanto poco si addice alla lingua di Dante.

In Rivederti si converte a crooner, ma il pezzo, aldilà di una efficace intro al pianoforte e l’atmosfera jazzy, non buca come dovrebbe. Così come Gazzè che nella Leggenda di Cristalda e Pizzomunno vira sul classico e si traveste da bardo per una storia sospesa tra storia e leggenda. Qualche guizzo rock con le Vibrazioni di Francesco Sarcina, Così sbagliato, mentre il duello tra ex Pooh (Red Canzian versus Facchinetti/Fogli) si risolve con un nulla di fatto, troppo fedeli al sound della disciolta band: Canzian in Ognuno ha il suo racconto dal suono plastico anni ’80, Facchinetti/Fogli e Il segreto del tempo giocano troppo con l’enfasi dei ’70. Già si accennava all’aura complessiva di classicità, e non è un caso che una spanna su tutti si elevino i brani di Ron e Ornella Vanoni, quest’ultima accompagnata da Bungaro e Pacifico gli autori.

Almeno pensami  è un inedito di Lucio Dalla scovato negli archivi e affidato a Cellamare che lo fa suo. Musica struggente e testo da manuale dal folgorante incipit: «Ah fossi un piccione che dai tetti vola giù fino al suo cuore, almeno fossi in quel bicchiere che quando beve le andrei giù fino al suo piede». Alta scuola. Scrittura di prima categoria anche per Imparare ad amarsi, la signora milanese si rimette in gioco e Bungaro le cuce addosso un abito perfetto: «Conservo l’infanzia la pratico ancora e la seduzione mi affascina sempre», scandisce la diva con immutata nonchalance. Qualche rivelazione in chiusura, con gli 11 duetti confermati per la serata di venerdì, fra questi: Skin/Vibrazioni, Biondi/ Daniel Jobim e Ana Carolina, Ron/Alice. Ultima doverosa annotazione per gli Elii che concludono (?) la carriera con Arrivodorci, un tripudio di citazioni e armonizzazioni (Beach Boys, Queen, Beatles): «da una band dalla carriera unica dolcemente stitica ma elogiata dalla critica».