In un bel sabato di ottobre, di quelli che sarebbero piaciuti ad Enzo Collotti, perfetti per girare in lungo e in largo la Toscana in minuziose ricerche sulla deportazione ebraica da parte del nazifascismo, i tanti e le tante che gli hanno voluto bene lo ricordano facendo una promessa: “Il nostro obiettivo sarà quello di lavorare, tutti insieme, nell’elaborazione di quanto ci ha lasciato, che è stato tantissimo”. Parole di Francesca Cavarocchi che di Collotti è stata allieva, al pari di migliaia di studenti e studentesse prima ammirati, poi coinvolti, e infine non di rado complici di un impareggiabile lavoro storiografico nel senso più compiuto (e nobile) del concetto, ottimamente tratteggiato da Davide Conti sulle pagine de il manifesto.

Nella sala delle cerimonie del Crematorio di Trespiano, circondato dalle colline che sormontano la città dove Collotti ha insegnato per quattordici anni Storia contemporanea nell’ateneo, e poi ancora altri ventuno in tanti luoghi di cultura, dall’Istituto Storico della Resistenza al Centro di iniziativa democratica degli Insegnanti, ci sono i familiari, gli amici, gli amici-colleghi, e naturalmente gli allievi di un uomo dal sorriso gentile, da una capacità pedagogica straordinaria, e da una convinta militanza antifascista. Nel solco del portato valoriale della Resistenza come radice d’origine e fondamento della Repubblica costituzionale italiana.

Il figlio Francesco saluta e abbraccia idealmente tutte e tutti i presenti a questa bella cerimonia laica, priva di lacrime e gonfia d’affetto. “È stato l’unico professore universitario che andava incontro ai colleghi delle scuole superiori – ricorda Giuseppe Gambino – di tutti chiedeva e di tutti si informava. Per me è stato un onore stargli vicino nell’ultimo periodo, quello della malattia. Ma non si lamentava mai, neanche delle difficoltà motorie che lo affliggevano. Aveva quella serenità interiore che porta ad andarsene con dignità”.

“Un infaticabile e straordinario motore di cultura – sono parole del cugino Claudio Natoli – fondamentale nell’opera di sprovincializzazione della storiografia italiana. E i suoi scritti per il manifesto sono stati tanto importanti quanto necessari, mentre su quasi tutti i media, negli anni, si cercava di cancellare la memoria del fascismo, e delegittimare così la Costituzione repubblicana”.

“Un grande e ineguagliabile maestro per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di collaborare con lui”, dicono invariabilmente allieve e allievi. Frequentatori del “quartier generale” di via San Zanobi, una casa invasa di libri che Enzo Collotti prestava per le discussioni accademiche, e che segnava sul quaderno dei “dati e resi”. “Devo renderne ancora uno – confessa sorridendo una ex allieva – e ricordo come fosse ieri che a ogni seminario aveva con sé una busta di plastica piena di schede e schedine di libri. Perché il prof era una testa sempre pensante”.

Anche la Regione Toscana, che ha avuto in Enzo Collotti l’indispensabile coordinatore di un sistematico progetto di ricerca sulla deportazione ebraica da parte del nazifascismo nel 1943-45, che ha avuto come esito due importanti volumi pubblicati da Carocci (“Razza e fascismo – Volumi 1 e 2”), ideale prosecuzione del precedente progetto, sostenuto sempre dalla Regione negli anni ’90, sull’impatto delle leggi razziali fasciste del 1938, ha voluto ricordarlo. “Enzo Collotti – osserva Ugo Caffaz, consulente per le politiche regionali per la Memoria e anima storica del Treno toscano della Memoria – lascia un vuoto incolmabile per chi l’ha conosciuto e ha potuto leggere e studiare le sue ricerche sul fascismo, sul nazismo e sulle tragedie che hanno colpito la Toscana.

L’impegno della Regione in questi anni per la valorizzazione della Memoria ha origine dai suoi studi. Personalmente perdo un maestro e un caro amico. I suoi libri saranno per me sempre un riferimento sicuro. L’avevo incontrato fortunatamente a casa sua pochi giorni fa e come al solito oltre a questioni serie abbiamo riso di gusto e ci siamo dato appuntamento per un altro incontro. Riposi in pace. Spero che le istituzioni toscane vorranno ricordarlo come ha meritato”.